Talal khrais (Gerusalemme) - Sono stato tutta la notte in contatto con la collega Nahla che ci ha trasmesso tristi immagini di violenti scontri in Terra Santa. Immagini di una potente macchina militare di occupazione israeliana contro la popolazione palestinese che difende la Sacra Moschea di Aqsa contro le irruzioni dei coloni, sostenuti e protetti dai reparti della sicurezza israeliana.
Da tempo Nahla ha potuto constatare la gravissima situazione esistente dal punto di vista della violazione dei diritti fondamentali della popolazione palestinese. Violazioni che si succedono a ritmo costante, con le demolizioni di abitazioni che si accompagnano all’imposizione, alla forzata evacuazione di interi nuclei familiari in determinate località, di condizioni di vita disumane con l’obiettivo di determinarne la partenza. Lo scopo di tale strategia appare chiarissimo: il governo israeliano sta procedendo alla progressiva espulsione dei palestinesi dalle loro abituali residenze per fare spazio ai coloni, in evidente violazione dell’art. 49 comma 6 della IV Convenzione di Ginevra sulla tutela delle persone civili in tempo di guerra, secondo il quale “la potenza occupante non potrà procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato”.
Esiste un vero e proprio tentativo di trasferimento forzato della popolazione civile palestinese. La Corte Internazionale di giustizia, circa 15 anni fa chiarì che Israele, in quanto potenza occupante, fosse tenuto non solo al rispetto del diritto internazionale umanitario e in particolare della IV Convenzione di Ginevra citata, ma anche a garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali, sia di natura civile e politica, che di natura economica, sociale e culturale della popolazione palestinese.
La collega Nahla da anni ci avverte che i coloni sono spesso protagonisti di aggressioni e soprusi. Questi ultimi non risparmiano neppure i bambini in tenera età, che intimidiscono e minacciano di violenza per impedire loro di attraversare determinati luoghi, da percorrere per recarsi a scuola.
Lo stato di tensione che perdura nel Medio Oriente conferma che tra le condizioni essenziali per una pace durevole in quell'area c'è il riconoscimento dei diritti legittimi del popolo palestinese. Questa affermazione è ripetuta in tutte le prese di posizioni delle Nazioni Unite in argomento. Anche la Comunità Economica Europea ha fatto proprio questo principio. Nella dichiarazione di Venezia del giugno 1980, è detto esplicitamente che il "popolo Palestinese, che ha coscienza di esistere in quanto tale, deve essere messo in grado, mediante un processo adeguato definito nel quadro della soluzione globale di pace, di esercitare appieno il suo diritto alla autodeterminazione". Non vi è dubbio che il diritto di un popolo alla autodeterminazione si configura come diritto a costituire una autorità nazionale, pienamente sovrana, espressiva di uno Stato indipendente.
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