(Ambasciata di Palestina in Italia) - La strage di ragazzi continua Israele continua ad uccidere giovani palestinesi indifesi. Dopo l’offensiva di maggio che in undici giorni di bombardamenti sulla Striscia di Gaza ha annientato le vite di 67 bambini (una vittima su quattro delle bombe israeliane era minorenne), la lista dei ragazzi eliminati dalle forze di occupazione continua ad allungarsi. Questa volta è toccato a Mohammad Munir Tamimi, cugino della giovane attivista Ahed e membro di una famiglia coraggiosa che, a mani nude, dedica la sua vita alla resistenza, e resiste per esistere. Il 23 luglio Mohammad era uscito vestito di tutto punto per celebrare la festa religiosa dell’Eid, quando i soldati dell’esercito di occupazione israeliano, che avevano fatto irruzione nel suo villaggio di Nabi Saleh, a nordovest di Ramallah, hanno aperto il fuoco contro di lui e i suoi amici. Ad uccidere Mohammad è stato un proiettile di tipo “Dum-Dum”, ovvero una pallottola ad espansione, proibita secondo le convenzioni internazionali in quanto progettata per espandersi all'interno del corpo bersagliato ed aumentare così la gravità delle ferite. Il proiettile, infatti, è entrato dalla schiena e uscito dal torace, dopo aver devastato polmoni, vescica, stomaco e un rene del ragazzo. Inutile la corsa al pronto soccorso.
Mohammad è morto dopo poche ore nell’ospedale “Martire Yasser Arafat” di Salfit. Oltre alla rabbia e alle manifestazioni di protesta per questo inutile scempio, tanta commozione. Toccante un video del funerale che mostra fratellini, cugini, amici e compagni di scuola del giovane. Tutti che, prima della sepoltura, danno a ruota l’ultimo saluto a Mohammad. Lo baciano sulla fronte, uno dopo l’altro, lo accarezzano, lo abbracciano, lo piangono increduli. Un altro video riprende la madre di Mohammad che disperata si batte il petto con la mano, impugnando con l’altra la fotografia del figlio morto ammazzato. Le si avvicina l’altro figlio, più piccolo, gli occhi celesti diventati rossi dal pianto. Lo prende e lo stringe forte a sé, come per assicurarsi che non la lasci anche lui. Si dice che natura voglia siano i figli a seppellire i padri, ma in Palestina la natura viene piegata dall’occupazione. Secondo Defense for Children International – Palestine (organizzazione che all’alba del 29 luglio è stata vittima di un raid israeliano), “l’uso eccessivo della forza qui è la norma: l’impunità sistemica garantisce che i bambini palestinesi che vivono sotto l’occupazione israeliana possano essere uccisi in qualsiasi momento”. Anche mentre sei in macchina con tuo padre e gli chiedi di fermarsi un attimo per comprare una cosa. E’ successo il 28 luglio a Mohammad Mouayyad Allamy, che aveva solo 11 anni quando le forze di occupazione hanno deciso che aveva già vissuto abbastanza. Non si spiega altrimenti la loro decisione di aprire il fuoco contro il veicolo su cui viaggiava anche sua sorella, mentre faceva inversione a U nei pressi di Beit Omar, a nord-ovest di Hebron.
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