Assadakah News - Una terra quasi completamente rasa al suolo, servizi base inesistenti, decine di migliaia di sfollati esposti alle intemperie, oltre il 70% degli edifici distrutti e gli altri gravemente danneggiati, per la cui ricostruzione saranno necessari da 10 a 15 anni. E’ la conclusione dell’ultimo rapporto dell’ONU sulle condizioni della Striscia di Gaza all’indomani dell’annuncio del cessate-il-fuoco, secondo il quale i costi per una operazione del genere si avvicina ai 100 miliardi di dollari. A monte di tutto ciò, una Palestina che rimane divisa al proprio interno, fra Autorità Nazionale in Cisgiordania e Hamas nella Striscia di Gaza.
Il primo ministro della ANP, Mohammad Mustafa, ha confermato il tutto, riconoscendo le ciclopiche dimensioni di quello che si può definire una catastrofe umanitaria senza precedenti, facendo appello alla comunità internazionale.
Parlando come rappresentante della stessa ANP, Hussein Al-Sheikh ha confermato quanto sopra, insistendo sulla necessità di una Palestina unita sotto l’Autorità Nazionale del presidente Abu Mazen.
Su questa linea la commissaria europea, Hadja Lahbib, ha assicurato che l’Unione Europea è pronta ad assistere la ANP per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza, e a considerare la governance a Gaza, riconoscendo che Hamas non può più svolgere un ruolo di rappresentanza ufficiale, in quanto non riconosciuta ufficialmente come organo amministrativo.
Da parte di Washington, il segretario di Stato, Anthony Blinken, ammette che la ANP si deve rivolgere alla comunità internazionale per un aiuto teso a definire una amministrazione temporanea che abbia la responsabilità della Striscia di Gaza, formata sia dalla ANP che da una rappresentanza internazionale, che soprattutto sia in grado di evitare un riarmo di Hamas in seguito alla liberazione dei detenuti dalle carceri israeliane.
Tutto questo, al momento è una linea d’azione puramente teorica, perché la realtà sul terreno è ben differente, dato che Hamas continua a ribadire che non rinuncerà al controllo di Gaza e soprattutto alla continuazione della resistenza, finché Gerusalemme e la sacra moschea di Al-Aqsa torneranno a essere totalmente palestinesi. In merito a questo, i dati parlano chiaro: il nuovo comandante do Hamas, Mohammad Sinwar, avrebbe già portato a termine di oltre 15mila nuovi combattenti che avrebbero preso il posto dei martiri della guerra, e ha fatto chiaramente intendere che non ha alcuna intenzione di venire meno agli obiettivi prefissati.
Dall’altra parte, lo stesso discorso è stato fatto dal premier israeliano Netanyahu, che nonostante il cessate-il-fuoco, ha ribadito la ferma intenzione di annientare Hamas.
A questo punto, quali potrebbero essere i presupposti per mettere fine alla guerra e raggiungere l’obiettivo tanto pubblicizzato “due popoli, due Stati”?
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