Oman - Il Forte Al-Khutm, un colosso di pietra nel deserto
- Patrizia Boi
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Patrizia Boi (Assadakah News) - Nell’arido paesaggio dell’Oman nord-occidentale, a soli due chilometri dal celebre sito funerario di Bat, si erge maestosa la torre circolare di Al-Khutm – un enigmatico gigante di pietra che da oltre 4.500 anni domina la piana circostante. Mentre Bat racconta il culto dei morti, Al-Khutm parla di potere, scambi e misteriosi rituali, rappresentando una delle più affascinanti strutture proto-storiche della Penisola Arabica. Questa imponente struttura - con i suoi 20 metri di diametro e muri spessi 3 metri - non è una semplice rovina. È un rebus archeologico che mescola guerra, sacralità e commercio in un unico, affascinante mistero.
Appoggiate una mano sulle sue pietre calcaree, levigate da millenni di vento, e sentirete immediatamente la maestria degli antichi costruttori. Ogni blocco - alcuni pesanti oltre una tonnellata - è posato a secco, senza malta, con una precisione che rivaleggia con i migliori esempi di architettura megalitica mondiale.
La tecnica ricorda quella delle tombe di Bat, ma qui tutto è più massiccio, più imponente. L'ingresso, orientato a est, sembra studiato per catturare i primi raggi del sole - un dettaglio che fa pensare a un significato astronomico o rituale. All'interno, ciò che resta di piccoli vani laterali suggerisce una suddivisione degli spazi forse per funzioni diverse: depositi, celle sacre, aree di guardia.
Da quando i primi esploratori occidentali scoprirono la torre di Al-Khutm nel Novecento, una domanda riecheggia tra le sue mura millenarie: cosa rappresentava davvero questo luogo?
La Teoria della Fortezza

Camminando attorno alla struttura, è impossibile non notare l'impressionante spessore delle mura - quasi tre metri di pietra pura. «Difficile immaginare un investimento così grande solo per un magazzino», osserva il professor Ali al-Mahrouqi, che da vent'anni studia il sito. «Queste mura potevano resistere a mesi d'assedio».
La posizione strategica avvalora l'ipotesi: dalla torre si controllano tutte le principali piste carovaniere verso Bat e le miniere di rame. Eppure, qualcosa non torna. «Se fosse stata una guarnigione militare», fa notare l'archeologa francese Claire Dupont, «dovremmo aver trovato arsenali, resti di armi in quantità. Invece abbiamo solo qualche punta di freccia... troppo poco per una fortezza».
Il Santuario delle Stele Perdute

Nella campagna di scavi del 2017, accadde qualcosa di straordinario. Sotto un lastrone di pietra, il team saudita-italiano portò alla luce una serie di sigilli in steatite finemente incisi. «Non erano semplici timbri commerciali», racconta l'archeologo Roberto Vanzetti. «Uno mostrava un toro celeste identico ai simboli dei templi sumeri, un altro riproduceva costellazioni. Erano oggetti rituali».
L'allineamento della porta principale con il solstizio d'inverno, unito al ritrovamento di piattaforme che potrebbero essere altari, ha convinto molti che Al-Khutm fosse prima di tutto un luogo sacro. «Forse una sorta di 'cattedrale commerciale», ipotizza la studiosa omanita Maryam al-Harthi, «dove si benedicevano le carovane prima del viaggio verso la Mesopotamia».
L'Emporio dei Tre Mondi

Ma c'è un dettaglio che non si può ignorare: i reperti parlano di scambi globali. In un angolo della torre, sono stati trovati frammenti di ceramica mesopotamica accanto a perle di cornalina tipiche della civiltà della Valle dell'Indo. «Era come aprire una pagina del registro doganale dell'Età del Bronzo», scherza l'archeologo britannico James Whitlow.
La vicinanza alle miniere di rame di Magan - citate nelle tavolette sumere come principale fonte del metallo - completa il quadro. «Immaginate una sorta di antico 'ufficio esportazioni'», suggerisce Whitlow. «Qui si pesava il rame, si applicavano i sigilli di garanzia, forse si pagavano dazi».
Un Luogo dai Molti Volti
Forse, come spesso accade in archeologia, cercare una sola verità è limitativo. «Al-Khutm probabilmente era tutto questo insieme», riflette al-Mahrouqi mentre indica i resti di un focolare accanto a quello che potrebbe essere stato un banco di scambio.
«Di giorno, mercanti da tre continenti contrattavano il rame sotto la supervisione di guardiani armati. Di notte, forse, sacerdoti utilizzavano gli stessi spazi per cerimonie sotto le stelle. In questo crocevia di civiltà, il sacro e il profano, la guerra e il commercio, si mescolavano come le sabbie del deserto».
Una lezione che, dopo cinquemila anni, Al-Khutm continua a insegnarci: i confini tra le categorie che usiamo per interpretare il passato sono spesso più fluidi di quanto immaginiamo.
I Sigilli che Raccontano un Mondo Globalizzato

Il vento che oggi sibila tra le rovine di Al-Khutm porta ancora l'eco di voci antiche - preghiere mormorate in lingue dimenticate, contratti stipulati tra mercanti di culture lontane, ordini gridati in dialetti tribali. Questo non era semplicemente un edificio, ma un crocevia di mondi, dove spiritualità e commercio si fondevano in un tutt'uno organico.
Nella nostra mentalità moderna tendiamo a separare nettamente la sfera religiosa da quella economica. Ma per gli abitanti dell'antico Oman di 4500 anni fa, questa distinzione sarebbe apparsa assurda. «I sigilli ritrovati ad Al-Khutm ci mostrano questa perfetta simbiosi», spiega la dottoressa Amina al-Siyabi, esperta di simbologia antica. «Lo stesso oggetto che certificava l'autenticità di un carico di rame poteva essere inciso con simboli divini, quasi a chiedere protezione celeste per la merce».
Gli scavi hanno rivelato un'affascinante commistione di reperti: 1) Altari costruiti accanto a bilance per pesare il metallo. 2) Sigilli commerciali decorati con simboli astrali. 3) Aree di stoccaggio contigue a spazi cerimoniali.
«Era come se ogni transazione avesse bisogno di una benedizione» continua al-Siyabi, «e ogni preghiera potesse essere accompagnata da uno scambio concreto».
L'Architettura della Doppia Funzione

Anche la struttura stessa della torre sembra progettata per questo duplice scopo. L'ingresso monumentale, orientato secondo i punti cardinali, poteva servire sia come controllo doganale per le merci in entrata e uscita, sia come passaggio rituale per cerimonie calendariali. Le nicchie nelle mura interne potevano ospitare, inoltre, sia Statue divine durante le festività, sia Campioni di merce nei giorni di mercato.
«Non è un caso che molte culture antiche conservassero i tesori dei templi», fa notare l'archeologo greco Nikos Papadopoulos. «Ad Al-Khutm vediamo questa pratica in forma embrionale: il rame non era solo merce, ma quasi un'offerta alla terra che lo produceva».
Alcuni reperti suggeriscono veri e propri cerimoniali dello scambio: 1 )Sigillatura sacra: I contratti venivano suggellati con giuramenti agli dei. 2) Purificazione delle merci: Frammenti di incenso trovati vicino alle merci; 3) Feste stagionali: Ossa animali concentrate in certi periodi dell'anno.
«Possiamo immaginare», ipotizza Papadopoulos, «grandi raduni durante le eclissi o i solstizi, quando il commercio si mescolava a celebrazioni che duravano giorni».
Questa concezione olistica non morì con Al-Khutm. Secoli dopo, i souk arabi avrebbero continuato ad avere le loro moschee accanto ai bazar, e le fiere medievali europee i loro altari tra le bancarelle. Ma qui, nell'Oman dell'Età del Bronzo, forse raggiunse una delle sue espressioni più pure e affascinanti.
Oggi, mentre i turisti camminano tra le rovine, possono ancora percepire questa doppia anima: basta chiudere gli occhi e immaginare il vociare dei mercanti mescolarsi ai canti dei sacerdoti, il tintinnio delle bilance accompagnare il suono dei campanelli rituali. In questo luogo magico, economia e spiritualità non erano rivali, ma compagne di viaggio nello stesso, straordinario cammino umano.
Al-Khutm non morì con l'Età del Bronzo. Come un serpente che muta la pelle, la torre si trasformò: nell'Età del Ferro (1000 a.C.) fu parzialmente ricostruita, forse dai Minei dello Yemen; in epoca islamica divenne rifugio per nomadi (lo provano i frammenti di ceramica abbaside); oggi è un museo a cielo aperto, dove le ombre del tramonto disegnano storie su pietre che hanno visto passare 50 secoli.
In un'epoca di grattacieli e acciaio, questa torre primitiva ci parla di un tempo in cui un blocco di pietra ben posato valeva più di un contratto, un sigillo poteva attraversare tre civiltà, il deserto non era un confine, ma un ponte.
Visitatela al crepuscolo, quando il vento fa fischiare tra le pietre antiche. Forse, se ascolterete con attenzione, vi sembrerà di sentire ancora le voci dei mercanti harappani che contrattavano il prezzo del rame, o il bisbiglio dei sacerdoti che invocavano gli dei sconosciuti di una religione perduta.
Al-Khutm non è solo archeologia. È un monumento all'ingegno umano, costruito quando il mondo era giovane e tutto ancora da scoprire. E forse, proprio per questo, riesce ancora a stupirci.
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