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Niger - Speranze di pace nella mediazione di Algeri

Assadakah News Agency - Una mediazione algerina in Niger ha più chance di successo ed è una via più percorribile di qualsiasi intervento militare esterno e tantomeno francese: ne è convinto Jean Pierre Darnis, professore presso l'Université Côte d'Azur di Nizza e la Luiss Guido Carli di Roma.

L'assunto è che di fronte alle conseguenze del golpe militare a Niamey del 26 luglio, al di là delle richieste del ripristino della Costituzione e della liberazione del presidente Mohamed Bazoum, la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas/Cedeao) non è "coesa". Come se non bastasse, secondo Darnis, i Paesi membri dell'organismo, pure supportati politicamente da Parigi, "non hanno né la forza né i mezzi" per far rispettare il loro ultimatum a Niamey.

Differente la strada indicata da Algeri. La proposta prevede "un piano di transizione di sei mesi" e non un massimo di tre anni come comunicato dalla giunta del generale Abdourahamane Tchiani. Secondo il ministro degli Esteri algerino Ahmed Attaf, inoltre, il percorso "deve prevedere la partecipazione e l'approvazione di tutti i partiti del Niger senza esclusione, sotto la supervisione di un'autorità civile guidata da una figura di consenso accettata dall'intero spettro della classe politica".

Il vice di Attaf, Lounes Magramane, ha discusso della proposta a Niamey con il capo del governo nominato dalla giunta, Ali Mahaman Lamine Zeine.

"L'Algeria è un Paese non allineato con l'Occidente, che ha una sua autonomia e che ha già espresso contrarietà all'ipotesi di un'azione militare in Niger, peraltro apprezzata a Niamey" sottolinea Darnis. Tutt'altra storia, la Francia: "La sua presenza economica è ormai marginale, anche considerando il carattere aperto del mercato dell'uranio che serve le centrali d'Oltralpe".

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