ANN - Tala Khrais - La crisi economica finanziaria e politica in Libano ha fatto aumentare i prezzi del 300%. La popolazione libanese è in grande difficoltà.
La terribile esplosione avvenuta nel porto di Beirut il 4 agosto dello scorso anno ha provocato 201 morti e 6000 feriti, ha quasi spazzato via il centro storico della città, culla della civiltà e ha lasciato 300 mila persone senza casa.
La maggior parte degli ospedali sono stati letteralmente distrutti. Nonostante questa terribile tragedia tante organizzazioni di volontariato continuano lavorare giorno e notte per ricostruire case e assicurare il cibo necessario a chi ne ha bisogno.
Il crollo economico e la svalutazione della lira libanese hanno provocato l’aumento dei prezzi del del 300%, la chiusura di migliaia di imprese e negozi, l’esodo di professionisti qualificati; e l’impoverimento di più della metà della popolazione.
La presenza di molteplici situazioni di criticità legate alle diverse crisi (economica, finanziaria, politica e sanitaria), ha fatto precipitare il Libano in un baratro. La situazione è diventata tragica. I giovani hanno perso ogni speranza ma vogliono resistere e non intendono abbandonare la loro terra d'origine. Anche i colleghi giornalisti, nonostante le difficoltà economiche, continuano a lavorare e a fare informazione.
Nella mia Agenzia, la National News Agency NNA, i colleghi lavorano in una sede distrutta, senza vetri e con computer e installazioni danneggiati. Per arrivare in Agenzia c’è chi percorre anche dieci chilometri nel caldo torrido.
Il Libano è governato, dal 1992, da una classe politica corrotta che si è spartita tutta la ricchezza del Paese.
I problemi del Libano infatti, non sono nati con il drammatico incidente del porto, che li ha comunque aggravati, ma era in atto una recessione economica e sociale che aveva già superato il livello di guardia.
Il 9 marzo del 2020 il default del Libano era stato formalizzato con l’impossibilità di procedere al pagamento degli Eurobond in scadenza, pari a 1,2 miliardi di dollari. Ciò non era mai accaduto. Due giorni prima il premier Diab aveva dichiarato: «Il debito è diventato più grande di quanto il Libano possa sostenere ed è impossibile per i libanesi pagare gli interessi. Come possiamo pagare i creditori quando la gente è in strada senza nemmeno i soldi per comprare una pagnotta?». Le altre due scadenze erano previste ad aprile e a giugno, per un totale di circa 2,7 miliardi di dollari di capitale e di oltre 2 miliardi di interessi da pagare per tutte le
emissioni. Attualmente Il debito pubblico del Paese dei Cedri ammonta a circa 92 miliardi di dollari. Si tratta del secondo debito pubblico più alto al mondo. Ha superato il 170% del Prodotto Interno Lordo. Già nel 2018 il deficit delle partite correnti aveva sfondato il 25% del Pil. La crisi scoppiata in autunno e le grandi proteste di piazza avevano spinto le banche a operare forti restrizioni ai prelievi e ai trasferimenti in dollari. Da allora la lira libanese ha perso oltre l’80% del suo valore. Siamo in presenza di un Paese fallito e di un popolo senza più risorse.
Il rischio concreto è che, in assenza di alternative, la collera (e la fame) possa sfociare in atti di ribellione e di violenza.
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