Assadakah News - Il celebre giornalista israeliano Gideon Levy, editorialista del quotidiano "Haaretz" e del settimanale italiano “Internazionale”, è intervenuto sull’attuale situazione in Medio Oriente. Considerato esponente della sinistra israeliana, ammiratore di Yitzhak Rabin, nella sua attività giornalistica è sempre stato molto critico sulla politica israeliana di occupazione dei territori dello Stato di Palestina, e molte volte ha criticato aspramente le politiche di Benjamin Netanyahu e del Likud: “Come fanno gli israeliani a vivere serenamente e con la coscienza in pace, nonostante la evidente ingiustizia che stanno commettendo nei confronti del popolo palestinese? La società israeliana si è circondata di muri, non solo di muri reali ma soprattutto mentali…Sono tre i principi che permettono agli israeliani di convivere serenamente con questa brutale realtà: la maggior parte degli israeliani pensano che gli ebrei siano realmente il popolo eletto, e in quanto tale in pieno diritto di fare ciò che vuole e più gli conviene. Secondo: ci sono state, nella storia, occupazioni più brutali di quella israeliana, più drammatiche e più lunghe, anche se l’occupazione israeliana è un record negativo non da poco, ma non c’è mai stata una occupazione in cui l’aggressore si ostina a presentarsi come vittima, anzi, come l’unica vittima. Una subdola strategia: da una parte fare la parte della vittima, e dall’altra manipolare la situazione, nonostante l’evidenza.
La politica di Netanyahu è quella di richiamare tutti gli ebrei in Israele, il posto più sicuro e protetto per tutti gli ebrei del mondo. Cosa di per sé sbagliatissima, visto che oggi, proprio a causa della guerra che Netanyahu ha scatenato, lo stato ebraico è tutto meno che sicuro, ma il premier sionista se ne è accorto e immediatamente dopo ha denunciato a gran voce che Israele sta subendo una minaccia esistenziale. Gli israeliani hanno accettato queste due versioni contrastanti come un’unica verità. Sono stati ingannati e si sono lasciati ingannare.
Il terzo elemento che fa in modo di far convivere serenamente gli israeliani con l’idea dell’occupazione, è il più importante nonché il peggiore: la disumanizzazione sistematica dei palestinesi, idea che suggerisce la assenza di qualunque problema di diritti umani dal momento che i palestinesi non sono considerati esseri umani. Sotto la pelle degli israeliani è stato inculcato questo demenziale concetto.
Due esempi: molti anni fa ho intervistato Ehud Baraq, candidato alla carica di primo ministro, e gli ho fatto una domanda che cerco sempre di fare in tutte le occasioni: chi sarebbe Lei oggi se fosse nato palestinese? La risposta è stata l’unica possibile: “Sarei entrato nella Resistenza palestinese, perché non avrei potuto fare altro”…Un altro esempio: durante la seconda Intifada mi trovavo a Jenin, in Cisgiordania, una delle città più blindate del territorio. Ero diretto al checkpoint per uscire dalla zona e ho visto un’ambulanza della Mazzaluna Rossa palestinese in attesa. In breve: i soldati israeliani erano occupati a giocare a backgammon mentre nel mezzo di soccorso si trovava un palestinese in gravi condizioni. Io ho provocato i soldati chiedendo loro che cosa avrebbero fatto che al posto di quella persona ci fosse stato il loro padre, ed è scoppiato il putiferio, mi hanno puntato le armi in faccia perché avevo osato paragonare il loro padre al poveraccio che si trovava nell’ambulanza…Ecco perché gli israeliani convivono serenamente con l’idea dell’occupazione, commettendo giornalmente crimini riprovevoli. Stiamo perdendo ogni traccia di umanità, di valori universali".
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