Assadakah News Agency - La visita a sorpresa del ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir alla moschea di Al-Aqsa sta provocando una pioggia di condanne e appelli sul governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, a neanche una settimana dal suo insediamento.
A chiedere il mantenimento dello status quo dei Luoghi Santi di Gerusalemme sono sia i Paesi arabi che occidentali, a partire dalla Casa Bianca. In una nota, il Consiglio per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti ha ribadito che l'ambasciatore Nides è stato molto chiaro con il governo israeliano sulla questione del mantenimento dello status quo nei luoghi santi di Gerusalemme: “Tali azioni sono inaccettabili così come qualsiasi azione unilaterale che metta a repentaglio lo status quo”.
Anche da Francia e Regno Unito sono giunti appelli analoghi, evidenziando che qualsiasi azione in senso contrario rischia di innescare una "escalation".
Di "assalto" alla spianata hanno parlato invece le autorità degli Emirati arabi uniti. Il Paese del Golfo ha incoraggiato il governo a porre fine a violazioni gravi e provocatorie. Un primo effetto dello potrebbe essere il rinvio del viaggio del premier Netanyahu negli Emirati per "motivi logistici". Fonti di governo smentiscono però che sussista un collegamento.
Altro paese a cui Netanyahu guarda con interesse per rilanciare i rapporti di cooperazione è l'Arabia Saudita, che attraverso il ministero degli Esteri si è unita al coro delle condanne. Qatar, Turchia ed Egitto hanno ricordato le responsabilità di Tel Aviv nell'evitare escalation pericolose per la stabilità dell’intera regione.
L'Arabia Saudita condanna la violazioneal Monte del Tempio, bollandola come "azione provocatoria". Il ministero degli Esteri esprime la condanna del Regno dell'Arabia Saudita dell'azione provocatoria di un funzionario israeliano che ha fatto irruzione nel complesso della moschea di al-Aqsa", si legge nella nota riportata dai media , in cui si denunciano anche "le pratiche delle autorità di occupazione israeliane che minano gli sforzi internazionali per la pace e violano i principi e le norme internazionali riguardanti il rispetto dei santi religiosi".
Riyadh ha poi espresso il proprio sostegno a tutti gli sforzi che mirano "a porre fine all'occupazione e a raggiungere una soluzione giusta e globale, per consentire ai palestinesi di stabilire uno Stato indipendente lungo i confini del 1967 con Gerusalemme Est come capitale".
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