Medio Oriente - La difficile Pasqua dei cristiani
- Elisabetta Petrolati
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Elisabetta Pamela Petrolati (Assadakah News) - Una profonda riflessione merita il domandarsi cosa significa essere cristiani in terre dominate dalla violenza, dai conflitti e dalla sofferenza più atroce. In questi giorni di celebrazioni e rituali riguardo la morte e la risurrezione di Cristo, una grande prova è stata richiesta ai credenti.
I cristiani di Terra Santa sono estranei al regime di violenza, sono gente pacifica, tuttavia sono pienamente coinvolti nel clima di tensione e paura che si respira in quella terra. Essendo una minoranza, i fedeli di Cristo sono spesso accusati di neutralismo e sono esposti alle provocazioni dei fondamentalisti, specie ebraici. Dall’inizio del duro conflitto più di cento famiglie cristiane, nella sola Betlemme, se ne sono andate. Come giudicare chi decide di salvare i propri figli cercando di sfuggire alla cappa di piombo che sovrasta la loro vita da mesi? Poi c’è il piccolo, eroico gruppo di cristiani che resistono a Gaza. Oltre ol compound della parrocchia della Sacra Famiglia, i fedeli possono scorgere solo distruzione e morte, nonostante ciò, la presenza del tabernacolo e le parole di Papa Francesco, riescono ad aumentare la loro capacità di resistenza, la loro speranza.

Anche in Siria, i fedeli hanno partecipato ai riti della Settimana Santa in un clima di serenità che ispira fiducia nel futuro, anche se fra mille difficoltà. Il ristretto ambito della minoranza religiosa ha lanciato un forte messaggio di speranza a tutta la popolazione siriana, travalicando ogni limite. Nelle celebrazioni della Settimana Santa vi è stata una grande partecipazione dei cristiani di tutto il Paese. Le chiese erano gremite e questo ha generato un contagioso clima di fiducia e speranza. Il vescovo caldeo di Aleppo e di tutta la Siria, Monsignor Antoine Aoudo, ha spiegato come tutto il periodo quaresimale abbia contribuito a sottolineare la ricchezza del cristianesimo all’interno del Paese. In Siria è stata celebrata la Pasqua in modo unitario nel rispetto di tutte le tradizioni: quella bizantina cattolica e ortodossa, quella siriaca delle due comunità e la tradizione armena, così come quella maronita, caldea e la tradizione della Chiesa di rito latino, oltre alle due comunità protestanti, una araba e l’altra armena.

In Libano, in occasione della Domenica delle Palme, il Patriarca Raphael Bedros XXI Minassian, Catholicos Patriarca di Cilicia per la Chiesa armena cattolica, ha celebrato la Messa nella Chiesa del Salvatore a Burj Hammoud, coadiuvato da diversi sacerdoti, diaconi e ascoltato da una folla di fedeli.
“Oggi gridiamo con voce più forte: salvaci, o tu che vieni nel nome del Signore. Salvaci dai nostri peccati. Salvaci dall’ingiustizia che prevale sulla terra, - così si è espresso durante l’omelia il Patriarca - salva la nostra patria dalla corruzione. Dacci la forza per continuare la nostra lotta”. Al termine della Messa, si è svolta la Processione durante la quale i bambini hanno portato foglie di palma, rami di ulivo e candele.
Questi sono tempi lunghi e bui che registrano morte, disperazione, atrocità pianificati da chi costruisce deliberatamente scenari di guerra coperti da un vergognoso silenzio che sta avvolgendo l’odio e l’ingiustizia sotto gli occhi di tutti. I fedeli cristiani di queste terre costituiscono un bagliore insopprimibile che illumina le loro terre insanguinate nell’inespugnabile speranza che il Cristo risorto sconfigga il buio in cui versa l’umanità.
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