Roberto Roggero - E’ ben noto ciò che succede quando si fa cadere una tessera di una lunga serie di meccanismi, che inevitabilmente crollano. E’ ciò che rischia il Medio Oriente, e di conseguenza l’intero pianeta. La partita non si gioca quindi solo fra Hamas e Israele, tuttavia sono gli attori principali. Hamas ha effettivamente compiuto diversi salti di qualità nella propria organizzazione e struttura, che fa chiaramente intendere essere parte di un più ampio disegno, che diversi analisti indicano fare capo alla Repubblica Islamica dell’Iran. L’effetto domino inizia da subito, perché Tehran ha operato il riavvicinamento con l’Arabia Saudita, aprendo al riavvicinamento fra diversi altri Paesi arabi, che a loro volta stavano intraprendendo una sorta di riapertura verso lo stato ebraico.
Lo scenario va quindi ben oltre la difesa della Striscia di Gaza che Israele vuole distruggere, mentre lancia allarmi sul pericolo di venire attaccato e proclama il diritto alla difesa e si trova stretto fra due fuochi: la resistenza palestinese da una parte e Hezbollah dall’altra. Alle spalle Iran e Stati Uniti.
Appare dubbio che Hamas, per quanto si sia sviluppato, possa avere preparato l’attacco dello scorso 7 ottobre senza assistenza esterna. Ci vuole una struttura logistica molto solida per lanciare cinquemila missili in due ore, principalmente su obiettivi chiave del sistema di difesa israeliano, e altrettanto sorprendente è stata la manovra via terra, con operazioni perfettamente coordinate, evidente frutto di una metodica preparazione. Diversi analisti vedono un’assistenza esterna se non direttamente dall’Iran, di certo da Hezbollah, che per altro denuncia l’uccisione di oltre 40 martiri, almeno una ventina, in risposta ad attacchi da Israele sul versante settentrionale. Il governo Netanyahu ha fatto sapere che, in caso di attacco dall’esterno, le difese scatteranno anche contro l’Iran. che a sua volta ha minacciato di intervenire se Israele dovesse lanciare un’operazione di terra nella Striscia di Gaza. L’effetto domino è quindi vedere il conflitto allargarsi fuori controllo, un rischio reale, perché la Repubblica Islamica dell’Iran è un attore chiave della Regione, ma non il solo, e potrebbe essere proprio a Tehran che si dovrà decidere se limitare la portata del conflitto fra Israele e Hamas, oppure aprire un secondo fronte con il coinvolgimento di Hezbollah e quindi del Libano. E con il Libano, in discussione vi è il delicato ruolo della Siria, dove Israele effettua per altro attacchi aerei molto frequenti, come quello recente all’aeroporto di Damasco.
E’ quindi imperativo disinnescare le diverse micce della polveriera Medio Oriente, perché sono più di una, e collegate fra loro. Appunto, l’effetto domino. C’è poi la questione, tutt’altro che secondaria, degli ostaggi in mano a Hamas.
In sostanza, l’attacco israeliano potrebbe risolversi in un massacro che farebbe infiammare le piazze arabe più di quanto non lo siano già. La conferenza del Cairo di sabato scorso non ha prodotto una soluzione congiunta su un piano per la de-escalation. Troppe differenze di vedute sul testo tra le diverse delegazioni, soprattutto tra il fronte arabo e quello occidentale. Non resta che sperare nella possibile mediazione di alcuni attori come Egitto o Qatar. Da considerare anche che in caso Israele riuscisse ad “annientare Hamas” come dichiarato, non significherebbe la fine della resistenza palestinese, anzi. La risposta lanciata da Israele contro l’attacco di Hamas ha innescato una spirale di proteste. Migliaia di persone si sono radunate per protestare contro la morte di centinaia di persone in un attacco israeliano a un ospedale di Gaza. Da Damasco a Tripoli, Tunisi, Ankara, Algeri, Amman, le piazze si sono riempite di slogan contro Israele.
Questo conflitto metterà a dura prova le relazioni diplomatiche fra diversi Paesi, fra Emirati Arabi, Bahrein e Israele, ovvero gli Accordi di Abramo del 2020 e rallenterà i tentativi di dialogo fra Arabia Saudita e Israele, le cui relazioni sono al momento sospese. Di conseguenza sono in discussione gli accordi Bahrain-Israele in materia di intelligence e industria della difesa, e l’acquisto di un sistema avanzato per intercettare i droni.
Gli Stati Uniti negli ultimi mesi hanno visto cambiare la geografia delle proprie alleanze. L’appoggio all’Ucraina ha spostato l’interesse americano verso l’Europa orientale. L’inedito accordo stipulato tra Iran e Arabia Saudita (mediato dalla Cina) e l’ingresso dei sauditi nei BRICS ha privato Washington di un importantissimo alleato nel fronte islamico-sunnita. A questo è da aggiungere il ruolo della Cina nel mondo arabo.
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