Roberto Roggero* - Non pochi analisti oggi, alla luce degli ultimi sviluppi in Medio Oriente, sono giunti alla stessa conclusione: la politica del premier israeliano Netanyahu è sempre stata quella di non permettere la creazione di uno Stato Palestinese, e per questo per oltre un decennio ha finanziato quello stesso nemico che ora vuole annientare, o quanto meno gli ha permesso di governare la Striscia di Gaza.
Anche se i fatti avvenuti dal 7 ottobre evitano di evidenziare questo, si tratta di un passaggio fondamentale per chiarire parte le dinamiche del conflitto in corso. Occorre però analizzare quanto accaduto, partendo dal 2009, data in cui Benjamin Netanyahu ha ottenuto, per la seconda volta, la carica di primo ministro.
Come ha anche fatto notare Adam Raz, storico israeliano e attivista per i diritti umani, fra Netanyahu e Hamas è esistita una specie di distorta cooperazione, grazie anche al sostegno della destra israeliana.
La strategia di Netanyahu ha una doppia faccia: da un lato, sostenere Hamas nella Striscia di Gaza; dall’altro, indebolire l’Autorità Nazionale Palestinese del presidente Abu Mazen.
Fino al 2009, l’esercito israeliano, con il benestare di Fatah, ha cercato di eliminare il potere del movimento, poi Netanyahu ha voluto interrompere la cooperazione con l’ANP nella lotta contro Hamas. L’obiettivo, neanche troppo nascosto, era quello che Ehud Barak, ex primo ministro israeliano, ha spiegato lucidamente: sostenere Hamas per indebolire l’ANP, unico vero organismo politico palestinese in grado di collaborare alla soluzione dei due Stati.
Nel 2012, il Qatar iniziò a trasferire denaro ad Hamas, anche se in quantità molto ridotte. Tuttavia, nel 2018, il presidente dell’AP, Abu Mazen, smise di trasferire fondi a Gaza, lasciando Hamas al limite del collasso. In soccorso dell’organizzazione arrivò proprio Netanyahu che convinse il suo gabinetto ad approvare trasferimenti di denaro a Gaza, consistenti e soprattutto in contanti, permettendo di fatto a Hamas di rimanere in attività. Da allora, auto con valigie contenenti quasi 30 milioni di dollari sono transitate ogni mese dal valico di Rafah, dall’estate 2018 all’ottobre 2023.
Sarebbe però sbagliato supporre che Netanyahu, permettendo il trasferimento di fondi, abbia agito pensando al benessere dei palestinesi di Gaza, poiché il suo scopo era impedire che il sogno del Grande Israele venisse disturbato dalla divisione in due Stati. Per questo il regime sionista, oltre alla cospicua iniezione di contante proveniente dal Qatar, approvata da Netanyahu, dal 2018 ha autorizzato l’importazione di un’ampia gamma di beni, in particolare materiali da costruzione, pur sapendo che gran parte sarebbe stata destinata alla realizzazione e al potenziamento dei tunnel nella Striscia, e non alla costruzione di infrastrutture civili.
Per oltre un decennio, dunque, Netanyahu ha contribuito consapevolmente alla crescita del potere militare e politico del suo nemico giurato, permettendo che Hamas diventasse da organizzazione terrorista con poche risorse a organizzazione semi-statale.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
Commentaires