Il ministro degli Esteri Libanese con Antonio Tajani Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana
Assadakah News - I Rome MED Dialogues sono un'importante conferenza internazionale promossa dal Ministero degli Affari Esteri italiano e dall'ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale). Questa iniziativa, nata per promuovere una "agenda positiva" nel Mediterraneo, mira a rafforzare la cooperazione su temi di sicurezza, prosperità economica, cultura e diritti umani, favorendo soluzioni condivise alle sfide geopolitiche e socio-economiche della regione.
La seconda giornata della conferenza Dialoghi mediterranei, organizzata a Roma dalla Farnesina e dall'Ispi, è stata scandita dall'attesa per il cessate il fuoco in Libano. Mentre i militari israeliani occupavano alcuni villaggi nella vicinanza del fiume Litani per la prima volta dal 2000, anno in cui Israele si ritirò dal Libano meridionale, il capo della diplomazia libanese Abdallah Bou Habib aveva auspicato da Roma che l'accordo tra lo Stato ebraico e Hezbollah potesse essere annunciato già in serata. Fonti stampa indicavano che l'annuncio ufficiale sarebbe potuto avvenire per le 21 italiane. In realtà la notizia del Cessate il fuoco è arrivata all’alba di oggi 27 novembre.
La bozza di accordo prevedeva una zona cuscinetto smilitarizzata di 30 chilometri nel territorio libanese, tra il confine e il fiume Litani. Si prevede che Hezbollah che combatte l’attacco israeliano contro il Libano dovrà ritirarsi a nord del Litani, mentre Israele dovrà riportare i suoi soldati oltre il confine internazionale entro 60 giorni. La tregua sarà monitorata da un comitato internazionale guidato dagli Stati Uniti, affiancando l'esercito libanese e i caschi blu dell'Unifil. L'obiettivo è evitare le criticità che si verificarono in conseguenza dell'accordo del 2006, garantendo una maggiore sicurezza e prevenendo il riarmo di Hezbollah nella regione meridionale del Libano. Le criticità, tuttavia, sono molteplici.
Il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib, presente a Roma, ha affermato: «Il problema è che fino a quando c'è occupazione, non puoi fermare la resistenza.Finchè Israele non accetta di delimitare i confini, penso che la resistenza tornerà. Quello di cui abbiamo bisogno per avere confini stabili è stabilirli, e per noi sarà difficile finché loro non vorranno delimitarli». Non solo. Secondo il ministro libanese, la tempistica dell'accordo è chiaramente un assist del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu al presidente eletto degli Usa, Donald Trump. «Non credo che Netanyahu dia a (Joe) Biden il piacere della pace in Libano, ma credo che lo darà a Trump» ha affermato il ministro libanese, che non ha escluso anche un ruolo dell'Italia. «L'apertura del comitato di controllo a nuovi membri, sia europei che arabi, rappresenta un'opportunità per ampliare il sostegno internazionale e rafforzare il monitoraggio nella regione», ha proseguito Bou Habib.
In questo contesto di crisi persistente, la Banca Mondiale ha fornito dati preoccupanti: il conflitto in Libano ha ridotto la crescita del 6,6 per cento nel 2024.
Abou Habib ha dedicato nei suoi discorsi molto spazio al rapporto con l’Italia e all’accordo del cessate il fuoco proseguendo il suo discorso: «Il comitato è una combinazione di due precedenti iniziative, inclusa quella basata sulla risoluzione Onu 1701, ed è stato progettato per garantire un monitoraggio efficace», ha spiegato Bou Habib, osservando che «un'espansione del comitato, tuttavia, richiederà una decisione unanime da parte dei membri attuali». Il ministro ha sottolineato come il modello sia ispirato a precedenti strutture di monitoraggio internazionali, che includevano paesi come Stati Uniti, Francia, Libano e Israele. L'eventuale partecipazione di nuovi Stati potrebbe rafforzare la capacità di garantire il rispetto del cessate il fuoco e migliorare la stabilità regionale. «L'apertura a nuovi membri, sia europei che arabi, rappresenta un'opportunità per ampliare il sostegno internazionale e rafforzare il monitoraggio nella regione» ha concluso Bou Habib.
Parlando ancora del ruolo dell’UNIFIL ha affermato: «L'efficacia del ruolo di Unifil in Libano dipende dalla cooperazione con l'Esercito libanese. Unifil non può agire da sola, così come l'esercito libanese. Solo insieme, con circa 20 mila truppe combinate, possono adempiere agli obblighi previsti dalla risoluzione Onu 1701», sottolineando che ogni modifica al mandato di Unifil può essere decisa esclusivamente dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il cui rinnovo è previsto a settembre 2025. Il ministro ha anche affrontato la questione della presenza francese in Unifil, precisando che eventuali obiezioni sono state risolte grazie alla mediazione tra Francia, Stati Uniti e Israele. «Abbiamo insistito affinche' la Francia rimanesse parte integrante della missione, un elemento essenziale per la sua credibilità».
Infine si è parlato dell’Italia che può svolgere un ruolo sempre più importante nella ricostruzione e nel sostegno al Libano, in un contesto in cui l'Unione europea fatica a presentarsi come attore unitario.
«La struttura decisionale dell'Europa rende difficile agire come un'unica entità politica, ma singoli paesi come Francia, Italia e Gran Bretagna stanno giocando ruoli significativi», ha affermato Bou Habib. Secondo il ministro, il contributo europeo potrebbe essere più efficace nel settore economico e nella ricostruzione, aree in cui l'Italia ha già dimostrato di poter offrire un contributo rilevante. «L'Italia sta già svolgendo un ruolo importante oggi, e il suo supporto può crescere ulteriormente nel processo di ricostruzione e sviluppo economico».
Parallelamente, si è discusso di altre crisi regionali, inclusi i rischi di sicurezza nel Mar Rosso e la stabilità economica in Libano, Gaza e Cisgiordania, dove la Banca Mondiale ha registrato cali economici significativi nel 2024. Il piano Mattei, promosso dall’Italia per favorire la cooperazione con l’Africa, è stato descritto come un'opportunità per integrare i giovani africani e prevenire ulteriori flussi migratori, ma ha suscitato perplessità in Somalia per la sua esclusione dal progetto.
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