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Mec Yeqern - La vera storia

Roberto Roggero (parte 2/2) - Allo scoppio della prima guerra mondiale molti armeni, che militavano nell’esercito turco, disertarono, e interi battaglioni armeni dell'esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro file armeni che prima combattevano con i turchi.

Il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti fra l'élite armena di Costantinopoli, e in un solo mese, più di mille intellettuali, giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al parlamento furono deportati in Anatolia e massacrati lungo la strada.

Forse non tutti sanno che uno dei più zelanti esecutori del genocidio fu il generale tedesco Friedrich von Schellendorff, membro onorario nello stato maggiore turco per i gli stretti rapporti fra Germania e Turchia.

Nelle marce della morte, oltre 1 milione e 200mila persone morirono per fame, malattia, sfinimento o uccisi sul posto, sotto la supervisione di ufficiali tedeschi. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalle milizie curde e dall'esercito turco. Malgrado le controversie storico-politiche, un ampio ventaglio di analisti concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio moderno.

Ancora oggi, le autorità al potere in Turchia si oppongono alla versione di una preordinata e meticolosamente organizzata operazione di genicidio, affermando che vi era piuttosto l'intento da parte degli Ottomani di impedire agli armeni di unirsi all'esercito russo, ricollocandoli in Siria, nel periodo in cui russi e armeni stavano avanzando in Turchia.

Quando la Turchia uscì sconfitta dalla prima guerra mondiale, e l’impero ottomano andò in disfacimento, l'Alta Commissione Britannica arrestò oltre 150 ufficiali turchi e li condusse a Malta per celebrare il processo con l’accusa di genocidio, ma non vennero tuttavia trovate prove che vi fosse una volontà di sterminio da parte delle autorità o dell'esercito turco, e tutti furono rilasciati. Prove oggi storicamente accertate che l'élite ottomana avesse la ferma intenzione di eliminare la popolazione armena. Il genocidio armeno causò oltre 2 milioni di morti, sebbene le fonti turche tendano a minimizzare la cifra. Secondo il Patriarcato Armeno di Costantinopoli, furono circa 2 milioni e 150mila.

Lo studioso armeno Boghos Levon Zekiyan spiega che la persecuzione degli armeni di Istanbul fu solo il punto di partenza, ma l'obiettivo della deportazione riguardava non tanto gli armeni come etnia, ma gli armeni come componente territoriale dell'Anatolia, nel quadro della Grande Turchia, che ancora oggi è la politica dell’attuale governo.

Il negazionismo

Il governo turco rifiuta di riconoscere il genocidio armeno, elemento che rimane una delle cause di tensione tra Unione Europea, Turchia e Vaticano, mentre altri Paesi prevedono anche severe sanzioni in caso di negazionismo, come in Francia (fino a 1 anno di carcere). Di contro, la magistratura turca punisce con l'arresto e la reclusione fino a tre anni il reato di parlare in pubblico di genocidio degli armeni in quanto gesto anti-patriottico.

Il 12 aprile 2015 papa Francesco ha parlato esplicitamente di genocidio, citando una dichiarazione comune del 2001 di Giovanni Paolo II e del Patriarca armeno, in occasione della messa di commemorazione del centenario in San Pietro, dichiarando che quello armeno è il primo genocidio del 20° secolo. In risposta, il governo turco ha convocato il nunzio apostolico ad Ankara e ritirato l'ambasciatore presso la Santa Sede. Per lo stesso motivo, è stato richiamato anche l'ambasciatore turco a Vienna. Anche l'ex presidente americano Barack Obama ha riconosciuto come fatto storico il genocidio armeno, e nell’aprile 2015 lo stesso ha fatto il Cancelliere tedesco Angela Merkel.

Il negazionismo del genocidio armeno, e di fenomeni simili in genere, indica un atteggiamento storico-politico ce ha solamente scopi ideologico-politici e convenienze economiche. Un atteggiamento che strumentalizza i fatti per negarne l'evidenza.

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