Assadakah News Agency - Secondo gli ultimi dati ufficiali del ministero dell’Interno, il bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito il Marocco lo scorso 8 febbraio sono circa tremila, mentre sono ancora in corso ricerche di corpi e dispersi e i feriti sono oltre 20mila.
Nei villaggi di Oukaimden, Al Asni, Taroudante, Moullah Ibrahim, vicino all’epicentro, la speranza di trovare persone ancora in vita si affievolisce ora per ora, nonostante sia funzionante un centro di primo soccorso allestito dall’esercito marocchino. Operativo anche un campo di raccolta di generi di prima necessità, acqua potabile, farina, grano, medicinali.
Sulla fascia dell’Alto Atlante, interi centri sono stati completamente rasi al suolo, e non si sa ancora se vi siano corpi sepolti sotto le macerie. Per immediato ordine di Re Mohammad, i primi a intervenire, e a mantenere aperti i collegamenti sono gli elicotteri delle forze armate marocchine, date le difficoltà di raggiungere i centri più remoti, con le attrezzature logistiche per riaprire le strade. Fra le prime squadre di soccorso a raggiungere la zona, quella spagnola, fra molti che si sono messi in viaggio da diverse parti del Paese, per portare aiuti e solidarietà. Situazione di emergenza in tutta la zona intorno a Chechuan, con la popolazione stremata e impaurita dalle scosse di assestamento, riunita in campi improvvisati, colmi di anziani, donne e bambini, raggiungibili solo a dorso di mulo.
Nel frattempo, a Marrakech riprende l’attività quotidiana, pur sempre con il timore di nuove scosse, dopo il crollo parziale delle storiche mura rosse, nella antica Medina. Anche qui molti continuano a dormire all’aperto, per paura di tornare nelle proprie case. Il Re ha annunciato lo stanziamento di finanziamenti e programmi di emergenza per sostenere gli abitanti di almeno 50mila edifici irrimediabilmente danneggiati.
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