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Mali – I mercenari di Putin alla conquista del Sahel?

Assadakah News – Una notizia che, inizialmente, non ha destato particolare interesse: lo scorso novembre un anonimo geologo russo atterra all’aeroporto di Bamako. Il controllo passaporti lo fa passare senza troppe formalità. C’è già un’auto del governo che lo attende, per portarlo in albergo. Il giorno dopo, una jeep con scorta militare per andare alle miniere d’oro. L’uomo è un emissario di Evgenij Prigozmin, noto come “il cuoco di Putin”, ex ristoratore di San Pietroburgo che tanti anni fa teneva sempre un tavolo fisso per il giovane Vladimir, poi s’arricchì allestendo i catering al Cremlino e, dal 2014, ha fondato il Gruppo Wagner per missioni delicate, in diversi Paesi del mondo.

Il geologo ha ricevuto un incarico preciso: fissare, in pepite, il prezzo della nuova avventura militare dello Zar Putin. L’ispezione alle miniere è solo l’inizio. Bastano pochi giorni perché in Mali atterri anche un Tupolev, con 50 soldati, avanguardia di un migliaio di uomini destinati alle zone di Nara e Sikasso, sui confini fra Mauritania e Burkina Faso: invitati dai generali golpisti di Bamako per combattere le formazioni jihadiste, inviati da Putin a piantare la bandiera russa nel Sahel.

Dopo Ucraina, Siria, Libia e Centro Africa, Venezuela e Mozambico, i paramilitari di Mosca soppiantano i francesi, che nei mesi scorsi hanno deciso un lento disimpegno dopo nove anni di missione militare, e dove gli americani gestiscono una delle più grandi basi militari dell’Africa, dove sono presenti missioni ONU e UE (Italia compresa) per tamponare il terrorismo di Al-Qaeda e dell’Isis che sconfina nel Niger e nel Burkina Faso, oltre che il separatismo delle milizie tuareg e le violenze tribali. Dove soprattutto c’è un accordo che Putin ha firmato in ottobre coi generali golpisti, saliti al potere due anni fa: in cambio dei “consulenti” Wagner, quattro elicotteri da combattimento Mi-171 e una trentina di blindati, il Cremlino riceverà 220 milioni di dollari l’anno, lo sfruttamento dei giacimenti auriferi e un posto al sole in un deserto dov’era finora assente.

“Parigi ci ha abbandonato e ci siamo regolati di conseguenza”, è la spiegazione del premier Choguer Maiga, che in gioventù studiò nelle università sovietiche. “Un allargamento inaccettabile — protestano 16 Paesi occidentali, Italia compresa — questi mercenari servono più a sostenere la giunta militare che a combattere il terrorismo”.

Venti giorni fa l’Europa ha sanzionato Wagner, minacciando di sospendere ogni aiuto non umanitario a Bamako. Ma forse è troppo tardi, perché da Mosca giunge la dichiarazione “Continueremo ad assistere il Mali”. Uno scenario già visto in Crimea otto anni fa, poi in Centro Africa, con la guardia pretoriana al presidente Touadéra e il controllo delle regioni ricche di diamanti e platino. In Venezuela, ne sono arrivati 400 a presidio dei pozzi di petrolio e del regime di Maduro.

I wagneriani, ispirati dal proprio capo, il colonnello ucraino in congedo Dimitrij Utkin, sono tutti soldati provenienti da eserciti regolari: età richiesta fra i 35 e i 55 anni, paga media 4mila dollari al mese e campo d’addestramento a Molkino, pochi chilometri dalla base degli Spetsnaz, i corpi speciali russi. Il Gruppo Wagner funziona anche come una legione straniera e fra i contractor spediti in Mali ci sono siriani, ciadiani, sudanesi meglio abituati a combattere a queste temperature. Hanno l’ordine d’essere invisibili: viaggiano sovente senza divisa e su charter segreti, usano falsi documenti e telefoni cifrati. Anche in patria, ufficialmente non esistono: i giornalisti che ne scrivono, vengono eliminati. Se i mercenari sopravvivono, ricevono le massime onorificenze militari russe, ma se muoiono (duecento in Siria, un centinaio in Ucraina, a decine in Libia), nessuno lo sa. E in silenzio stanno ponendo le basi per la silenziosa conquista russa delle ricchezze africane…


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