
Patrizia Boi (Assadakah News) - Il 25 febbraio, nella Scuola Libica a Roma affiliata all’Ambasciata della Libia, diretta dalla Preside, Dottoressa Aghela Najat, si è respirata l’atmosfera viva della tradizione.
In occasione della Festa del Costume Libico, che a livello nazionale si celebra il 13 febbraio e si protrae per un’intera settimana, l’Istituto ha dedicato una giornata speciale per rendere omaggio a questa ricca eredità culturale, anticipandola in onore del Ramadan.
I corridoi si sono animati di colori e profumi, mentre gli studenti hanno indossato con orgoglio gli abiti tradizionali, testimoni di un passato che ancora vive nel presente. Particolare attenzione è stata attribuita al rito del matrimonio: la sposa, avvolta nel rosa della giovinezza, passa poi al maestoso “costume grande”, impreziosito da gioielli d’oro e dall’antico rituale dell’henna. Il profumo del couscous e del bazeen ha pervaso l’aria, accompagnando il sorriso di famiglie e diplomatici.
Anche gli uomini hanno reso omaggio alla tradizione, sfoggiando con fierezza le loro vesti tipiche, diverse tra Tripoli e Bengasi. Ogni ricamo, ogni tessuto racconta una storia: un filo invisibile che lega passato, presente e futuro in un’unica celebrazione d’identità e appartenenza.
Per l'occasione abbiamo intervistato la Preside Aghela Najat.
Anghela ci spieghi il significato profondo di questa festa?
«Intanto è la prima volta che la nostra scuola celebra questa Festività. Lo facciamo perché vogliamo far conoscere il significato profondo di questa tradizione che si festeggia in tutte le città della Libia e anche all'Estero. Mostrare i nostri costumi tradizionali significa far comprendere quanto la Libia sia ricca di cultura. In questo giorno di Festa abbiamo colto l'occasione per far conoscere a studenti, genitori, diplomatici e anche a voi della Stampa, non solo gli abiti tradizionali ma anche la nostra cultura gastronomica, la cucina libica, che contempla una varietà assortita di cibi, dolci, salati, piccanti. La cultura della Libia non è molto riconosciuta fuori dal nostro Paese, quindi cerchiamo di occuparci anche questo».
Questa festa dura sette giorni, ci puoi spiegare che cosa accade in questi sette giorni? Quali sono i costumi che vengono indossati?
«In questi sette giorni, ogni giorno si festeggia un abito diverso. I costumi che indossano oggi i nostri allievi e allieve, sono solo una parte della ricchezza che esprime il nostro paese in merito all'abito tradizionale. L'allieva Rawan oggi indossa un abito che utilizza la sposa il secondo giorno, ossia il giorno dopo il matrimonio, che viene denominato "costume piccolo", come vedremo esiste anche il "costume grande". Nel matrimonio in Libia esiste una grande varietà di costumi e anche di gioielli. Quelli che indossano i nostri ragazzi sono una copia degli originali che sono tutti d'oro, a volta la sposa indossa quantità importanti d'oro, sopra e sotto ci sono gioielli d'oro vero. Anche i costumi tradizionali sono fatti in modo totalmente artigianale ed essendo fatti tutti a mano sono tutt'altro che economici».
La Preside della Scuola Libica a Roma con Talal Khrais (prima foto) e con Mohamed Yossef (terza foto)
Tutti questi abiti sono artigianali, ma questo abito indossato dalla piccola Maria, sembra più moderno, che abito indossa?
«La signorina Maria oggi mostra un vestito tradizionale moderno, un po' leggero, si può indossare anche nella nostra epoca e siccome è leggero è meno costoso di quelli più pesanti, perché si usa meno materiale e meno lavoro per realizzarlo».
Mi spieghi quali costumi si festeggiano nei 7 giorni di festa?
«In primo luogo, il primo giorno è dedicato all'abito rosa della sposa, quello che si mette prima del matrimonio. Si veste tutta rosa, si reca al Bagno Turco, poi si sottopone al rito dell'hennè facendosi decorare come portafortuna sia le mani che i piedi. Dopo questa cerimonia poi si fa una festa e sempre si festeggia col cibo in queste occasioni. Ogni città a modo suo».
Ora c'è quest'altra bambina che indossa un costume diverso, cosa indossa Jasmine?
«Jasmine indossa quello che chiamiamo "costume grande", quello che la sposa indossa proprio il giorno del matrimonio e che si festeggia il secondo giorno. Insieme a questo abito la sposa è ricoperta di gioielli di valore. A volte ormai ci si sposa anche col velo tipico del matrimonio occidentale».
Il secondo giorno si indossa il vero e proprio abito da sposa, e il terzo giorno?
«Mentre il giorno prima del matrimonio la sposa indossava il vestito rosa e non era truccata, il giorno dopo il matrimonio, quindi il terzo giorno della festa, la sposa indossa un abito come questo, che è quello di Tripoli, per andare a casa dei suoceri. Quindi abito rosa, primo giorno,
il secondo giorno l'abito della sposa, il terzo giorno il costume del secondo giorno dopo le nozze, insomma».

E poi come si prosegue?
«Anche la settimana dopo la sposa si mette il "costume grande", cioè l'abito del matrimonio, dopo una settimana esatta, per andare a casa dei suoi genitori, perché nella nostra tradizione continua a rimanere con l'abito da sposa, ossia la sposa rimane sempre sposa per la durata di un anno. Si chiama sposa, la chiamano sposa per un anno, sempre sposa».
E invece perché il giorno prima del matrimonio c'è il rito delle mani ai piedi?
«Si tratta di una tradizione che porta fortuna, però anche questo rito non è più obbligatorio per i ragazzi di oggi, fare o non fare il rito dell'hennè è diventata una loro scelta».
Oggi, in una delle vostre aule ho visto una sorta di ristorante, pieno ci cibo e dolci. Ci spieghi quali sono i piatti tradizionali che sempre si utilizzano in questo giorno, questa settimana di festa?
«Il piatto più famoso è naturalmente il couscous con carne di agnello e poi abbiamo anche il bazeen, un piatto che si fa con il sugo e la carne. Tutti questi piatti si fanno nella festa del matrimonio. Anche il riso con tutta la frutta secca, questi cibi appartengono alla nostra tradizione. Ringraziamo tutte le famiglie che hanno partecipato a questa festa, le famiglie dei nostri studenti che hanno preparato tutti i piatti a casa».
Siamo stati ospiti di questa scuola e abbiamo potuto assaggiare le loro specialità gastronomiche e conoscere alcuni aspetti della loro cultura come si può vedere dalla coloratissima galleria fotografica e dal video su Youtube realizzato da giornalista Mohamed Youssef Alì Ismail che in questa scuola ha insegnato chimica per tanti anni.

La Scuola Araba Libica di Roma è stata fondata nel 1980 e, nel corso degli anni, ha formato centinaia di studenti arabi che hanno conseguito il diploma presso l'istituto. Attualmente, la scuola accoglie oltre cinquecento studenti, sia arabi che italiani. Il 24 aprile 2024, la scuola ha ricevuto la storica visita del sindaco di Diamante, Ernesto Magorno, primo sindaco italiano a visitare l'istituto in quarant'anni. Durante la visita, il sindaco è stato accolto dalla preside, la Dott.ssa Najat Aqhiela, dal corpo docente e da rappresentanti della comunità libica e dell'Ambasciata a Roma. In questa occasione, si è discusso di un progetto di gemellaggio tra le città di Roma e Tripoli, volto a promuovere attività culturali e scientifiche congiunte.
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