Assadakah Roma News - Torna a parlare Saif al Islam Gheddafi, candidato alle elezioni presidenziali e figlio del defunto colonnello libico Muammar Gheddafi. Come anticipato da "Agenzia Nova", i "verdi" nostalgici dell'ex Jamahiriya hanno annunciato un'iniziativa politica per risolvere la "grave crisi in Libia", presentandola anche come "l'ultima soluzione pacifica" nel contesto delle proteste scoppiate lo scorso "venerdi' di rabbia" e degenerate nel saccheggio, nella razzia e nell'incendio del Parlamento di Tobruk. In una dichiarazione scritta, Saif al Islam Gheddafi ha presentato due opzioni. "La prima prevede che un organo (neutrale) stabilisca le disposizioni legali e amministrative per l'urgente svolgimento di elezioni presidenziali e parlamentari inclusive, a cui tutti partecipino e senza esclusioni, a prescindere da considerazioni e giustificazioni, e lasciando la decisione al popolo libico senza alcun guardiano. Questa e' l'opzione migliore, anche se e' altamente impro babile nelle circostanze attuali", afferma il secondogenito del defunto rais deposto e ucciso dai ribelli a Sirte nel 2011. La seconda opzione, invece, premette anzitutto "che c'e' una disputa sulle condizioni di candidarsi alle elezioni presidenziali e tutti vogliono stabilire determinate condizioni per escludere persone specifiche"; a tal proposito, suggerisce "che tutte le figure politiche si ritirino dal processo elettorale collettivamente e senza eccezioni per salvare il Paese come ultimo tentativo di risolvere la situazione di crisi in modo pacifico e senza sangue".
I prossimi mesi in Libia si preannunciano dunque molto difficili. "Agenzia Nova" ha appreso lo scorso 4 luglio che si fanno strada voci sempre piu' insistenti di un tentativo dei "verdi" non tanto per portare al potere Saif al Islam Gheddafi, la "Spada dell'Islam" che ha pero' la "spada di Damocle" del mandato di cattura internazionale, ma di un'altra personalita' piu' tecnocratica e soprattutto senza precedenti con la giustizia (anche nazionale). Qualcuno che possa, di fronte a questa enorme confusione, tornare a una visione rivista, aggiornata e modernizzata del passato per dare una rinnovata speranza alla Libia. Molti sono convinti che i gheddafiani stiano preparando una propria iniziativa al livello politico: iniziativa che e' stata appunto presentata ieri sera.
Il figlio del defunto rais libico ha oggi 49 anni, parla correntemente inglese e vanta un dottorato alla London School of Economics. Durante il regime del padre Muammar stava lavorando per avviare una liberalizzazione dell'economia libica. Prima della caduta del regime nel 2011, Saif al Islam era considerato il volto moderno della Libia. Vale la pena ricordare che Saif al Islam e' ancora ricercato dalla Corte penale internazionale per presunti crimini contro l'umanita'. Nel 2015, Saif al Islam Gheddafi e' stato condannato a morte, salvo poi essere liberato nel 2017 e da allora ha vissuto nascosto nella citta' nordoccidentale di Zintan. Secondo gli ultimi sondaggi di opinione realizzati per le elezioni (mai tenute) del 24 dicembre 2021, Gheddafi sarebbe stato uno dei candidati piu' votati l'elezione alla presidenza. Da febbraio e' in corso un braccio di ferro tra due coalizioni rivali in Libia: da una parte il Governo di unita' nazionale (Gun) del premier ad interim Abdulhamid Dabaiba con sede a Tripoli, riconosciuto al livello internazionale ma sfiduciato dal Parlamento; dall'altra il Governo di stabilita' nazionale (Gsn) designato dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk e guidato da Fathi Bashagha, appoggiato a sua volta dal generale Khalifa Haftar. L'esecutivo del premier uscente controlla la capitale Tripoli e diverse zone della Tripolitania, la regione piu' popolosa del Paese. Il Gsn sostenuto dal Parlamento dell'est e dal generale libico Khalifa Haftar controlla i pozzi petroliferi situati in Cirenaica e nel Fezzan, oltre agli edifici governativi di Bengasi (est), Sirte (centro-nord) e Sebha (sud-ovest). Proprio a Sebha, venerdi' ci sono state proteste contro le forze di Haftar aizzate dai gheddafiani. Intanto la produzione petrolifera e' crollata per effetto dei blocchi dei terminal di esportazione, con gravi conseguenze sul sistema elettrico che dipende dal combustibile e dal gas: lunghi blackout flagellano la popolazione in tutto il Paese, con temperature che raggiungono anche i 45 gradi.
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