Roberto Roggero* - Fu il celebre geologo ed esploratore italiano Ardito Desio che, nel 1936, eseguì analisi specifiche nel deserto della Libia, e localizzò i giacimenti di petrolio, da allora croce e delizia del primo produttore di greggio del continente africano. Una posta in gioco che da allora suscita interessi nazionali, internazionali e mondiali, con una media di produzione intorno ai due milioni di barili al giorno. Per altro fonte di guadano e influenza politica di diversi capi delle comunità tribali, e al tempo stesso causa di disequilibrio fra gli stessi capi tribali e il governo…o meglio, i due governi che si sono divisi il Paese.
Tre dei principali giacimenti della Libia oggi hanno sospeso la produzione di alcuni pozzi nella parte orientali del Paese, amministrata dal governo del generale Khalifa Haftar, a causa di punti ancora non chiariti con il governo di Tripoli del premier Abdulhamid Dbeibah, intorno alla figura di Sadik Al Kabir, alto funzionario della Banca Centrale, delegato alla gestione dell’enorme patrimonio costituito dai guadagni del petrolio, approvato sia da Haftar che da Dbeibah, e in particolare benvoluto anche da Ankara e Mosca, che a loro volta hanno in Libia non pochi interessi, come del resto molti altri governi occidentali. Intanto, le perdite derivate da quattro giorni di sospensione dell’attività, ha già causato la perdita di oltre 160 milioni di dollari, in uno scenario internazionale che già sta registrando un calo del presso del greggio per diverse altre situazioni di crisi. La catena si allarga fino in Cina, dove le grandi raffinerie sono in crisi per la crisi economica nazionale, la disoccupazione giovanile e calo della domanda. Alla Cina è collegata la Russia, dove la privata Lukoil agisce sostanzialmente in regime di monopolio, e dove l’economia oggi deve essere regolata in base a un conflitto. Nelle varie triangolazioni del mercato, spunta anche il Qatar, interessato a quote della grande raffineria tedesca Rosnet di Schwedt, a sua volta collegata ai terminal di Sachalin, nell’Estremo Oriente russo, e attualmente al minimo storico per le mancate importazioni. E ancora una volta il Qatar gioca un ruolo fondamentale degli equilibri internazionali, perché Mosca ha già fatto sapere che la Gazprom aumenterà i costi dal dicembre 2024, data di scadenza del contratto per il traffico attraverso i gasdotti ucraini verso l’Europa.
Quindi, la Libia ribadisce la propria posizione di ago della bilancia della produzione e del traffico del petrolio a livello mondiale, e la crisi della produzione, decisa dal governo Haftar influenzerà i Paesi occidentali. A trarne vanteggio ovviamente sarebbe il governo internazionalmente riconosciuto, non esposto ad eventuali ritorsioni economiche, o comunque non a un aggravamento delle stesse.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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