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Libano - Unifil è davvero un costoso fallimento?

Aggiornamento: 16 ott

Assadakah News - Il premier israeliano Netanyahu ha accusato Unifil di avere fallito nella missione assegnata. Certo non sta a Bibi giudicare, ma in effetti la situazione attuale è dimostrazione di palese impotenza, ma non è questo il punto.

Non sta a Israele giudicare, tanto meno impartire istruzioni, intimare il ritiro, sparare addosso ai Caschi Blu che fanno il loro dovere. La domanda è legittima: Unifil è davvero da considerare un fallimento?

La presenza della forza di pace dell’Onu nel Sud del Libano non ha impedito a Hezbollah di impiantare basi per lanci di razzi contro Israele, né ferma le truppe israeliane che varcano il confine. Se l’ONU, l’Ue, i governi Unifil, a cominciare da quello italiano che vi ha sempre avuto un ruolo preminente, se la ponessero, non potrebbero che rispondere: a questo punto è servita a poco o niente. Il che non autorizza Netanyahu a dare ultimatum unilaterali ma obbliga a riconoscere un dato di fatto: Unifil non ha mai raggiunto le finalità assegnate dal 2006. Basta leggere attentamente la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e verificarne lo stato di attuazione.

Delle condizioni basilari (paragrafi 1-3) una sola fu pienamente realizzata: il ritiro dell’IDF dal Libano meridionale. L’area compresa fra il fiume Litani e la Linea Blu, che segna la frontiera di fatto israelo-libanese, avrebbe dovuto essere smilitarizzata, a eccezione delle forze armate libanesi e dell’Unifil (paragrafo 8); invece, mentre le forze armate libanesi sono evanescenti, il terzo incomodo, Hezbollah, non perse tempo a installarvisi armi e bagagli, diventando la presenza dominante. Unifil doveva prendere tutte le necessarie misure… per assicurare che l’area in cui opera non sia utilizzata per attività ostili di alcun genere, per resistere a tentativi di impedirgli con la forza (“by forceful means”) di svolgere i compiti ai sensi del mandato del Consiglio di Sicurezza (paragrafo 12). Nulla di tutto questo è avvenuto. La presenza di Unifil è stata utile per altri scopi indicati dalla risoluzione 1701, come la protezione della popolazione civile da minacce incombenti di violenza fisica, ma non ha scalfito l’obiettivo centrale di impedire l’utilizzo del territorio per attività ostili. Unifil avrebbe dovuto contrastare Hezbollah; non ne ha mai avuto mezzi, capacità e mandato politico dall’Onu. Israele sempre chiesto che la risoluzione 1701 sia pienamente rispettata. Se lo fosse oggi non sarebbe di nuovo in guerra contro Hezbollah.

In quasi vent’anni la situazione si è rovinata al punto che militari che hanno servito nell’Unifil confessano di aver avuto un rapporto di pragmatica sopportazione con Hezbollah per il controllo del territorio.

Gli israeliani hanno risposto prima con artiglierie e incursioni aeree, e adesso con l’offensiva di terra. Almeno 80mila civili libanesi si sono rifugiati a Nord. Nella guerra in corso fra Israele e Hezbollah, sulla pelle del Libano e dei libanesi che ne sono tragici spettatori, Unifil, non certo in grado di fare da interposizione, visto che al momento deve pensare solo alla propria incolumità. Un vicolo cieco, come l’Unprofor in Bosnia, che non è stata capace di impedire il massacro di Srebrenica.

La responsabilità, però, non è dei militari sotto bandiera ONU. I Caschi Blu riescono a mantenere la pace quando la pace c’è, e hanno a che fare con entità statali, ma non possono imporla a forze belligeranti.

Impareremo mai la lezione? È inaccettabile che il ritiro dell’Unifil sia imposto da un ultimatum di Netanyahu, che dovrebbe pensare a collaborare con la comunità internazionale per fronteggiare il crescente dramma umanitario di Gaza. Ma l’ONU e i governi nazionali devono porsi il problema di utilizzarla come e quando possa essere utile, ovvero quando ci sia una pace da mantenere, altrimenti diventa una missione rischiosa, costosa e soprattutto inutile.

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