(Agenzia Nova) - Da sempre crocevia dell'intero Medio Oriente, il Libano e' anche il termometro della stabilità regionale, garantita, a nord della linea di demarcazione con Israele dalla missione di interposizione delle Nazioni Unite nel sud del Paese (Unifil), per questo il costante monitoraggio della situazione da parte dei peacekeeper è fondamentale, evitando eventuali escalation.
In questo lembo di terra, i caschi blu italiani svolgono un ruolo fondamentale e sono particolarmente amati. Sulla base della risoluzione 1701 del Consiglio sicurezza dell'Onu del 2006, i caschi blu hanno come compito primario monitorare e garantire la cessazione delle ostilità tra le parti, dopo la conclusione nell'estate del 2006 della cosiddetta Guerra dei 33 giorni. Il 12 luglio del 2006, infatti, dopo che un commando del movimento sciita filo-iraniano Hezbollah ha attaccato una pattuglia delle Forze di difesa israeliane (Idf), Israele ha lanciato un attacco in Libano, innescando l'ultimo conflitto su larga scala con il Paese dei cedri, che non riconosce lo Stato ebraico e con cui è formalmente in stato di guerra. Nei 16 anni della missione Leonte, dispiegata a sud del fiume Litani, i caschi blu hanno garantito il cessate il fuoco, nonostante alcuni momenti di tensione all'interno della cosiddetta "area di responsabilità. Il contingente nazionale, attualmente rappresentato dalla Brigata di cavalleria Pozzuolo del Friuli, agli ordini del generale Massimiliano Stecca, è dispiegato nel settore ovest di Unifil a guida italiana è esteso su circa 1.200 metri quadrati e ha al suo interno cinque battaglioni: italiano; sudcoreano; ghanese; irlandese-polacco; malese. A est del settore ovest, si trova il Sector East a guida spagnola.
Il generale Stecca comanda 3.700 uomini, tra i quali circa 1.000 militari italiani, provenienti da 16 Paesi, presenti nel settore ovest a guida italiana della missione Unifil, incastonato tra il Mediterraneo, a ovest, la città di Tiro a nord, e la linea blu (Blue Line, la linea di demarcazione tra Israele e Libano). In un'intervista ad "Agenzia Nova", il comandante del settore ovest di Unifil ha dichiarato che i caschi blu "portano e mantengono stabilità ed equilibrio". "Quando il Medio Oriente è stabile il Libano è stabile, quando il Medio Oriente è agitato il Libano è agitato", ha affermato. In questo scacchiere, la missione "impatta portando e mantenendo questa stabilità e questa successione di equilibri", che si alternano a momenti di escalation di tensione. I caschi blu "mantengono l'equilibrio in questa parte del mondo che, in qualche modo, contagia in senso positivo la regione", ha proseguito Stecca, sottolineando che sia "la stabilità che l'eventuale tensione in Libano si riverbera in Israele e da lì, con un effetto a catena, sull'intero Medio Oriente".
Il generale Stecca è intervenuto anche sull'approccio dei caschi blu italiani verso l'operato in Libano e del riscontro del lavoro dei militari tra la popolazione libanese. I "caschi blu italiani sono amati in Libano", grazie a "un quid in più guadagnato in 16 anni di missione Leonte - avviata nel 2006 - e in oltre 40 anni da quando nel 1978 i primi elicotteristi di Italair aprirono la nostra prima missione in questa terra", ha spiegato.
Nel suo ufficio presso la base del contingente italiano a Shama, l'alto ufficiale ha evidenziato che il "quid ce lo siamo guadagnati a duro prezzo. Se da un lato è un piacere ritrovare quelli che sono stati i nostri fratelli lungo il Mar Mediterraneo per millenni, dall'altro, stare lontano per mesi e mesi è un sacrificio, che si fa volentieri perché gli effetti si vedono nell'approccio che la gente ha nei nostri confronti.
Si vedono nel sorriso che si allarga sul viso dei bambini e delle donne e degli uomini di questo Paese quando si accorgono che sei italiano". "Non sei soltanto un casco blu, sei un casco blu italiano. E' una cosa che abbiamo costruito nel tempo", ha proseguito il generale. Il comandante del contingente italiano di Unifil si è detto "orgoglioso di essere italiano, comandante e comandante della Brigata Pozzuolo del Friuli che nel 2006 aprì questa missione tornando periodicamente qui". "Vedere i risultati che abbiamo ottenuto nel tempo e l'apprezzamento della gente nei nostri confronti genera in me orgoglio", ha concluso il generale. Accanto alle attività operative, vi sono delle "attività outreach", come quelle relative alla Cooperazione civile e militare (Cimic). Si tratta di progetti a beneficio della popolazione che possono riguardare il settore energetico o della formazione, che vengono costantemente monitorati. Le attività Cimic, in parte finanziati dalle Nazioni Unite e in parte dalla cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, fanno accrescere l'impatto della presenza italiana. A tal proposito, il generale ha chiarito che "sono le nostre forze armate in primis a metterci a disposizione i fondi che noi poi traduciamo a favore della popolazione libanese. Poi ci sono molti donatori italiani, da istituzioni locali a organizzazioni no profit a volenterosi, che raccolgono indumenti o giocattoli che tramite il Comando operativo di vertice interforze (Covi) giungono in Libano. Siamo fortunati perché gli italiani sono persone con un grande cuore.
Si riesce a trovare spazio, la voglia e l'energia per dedicare attenzione a questo teatro. Sta a noi tradurli in progetti concreti di supporto alla popolazione nei settori dell'energia, dell'istruzione - a beneficio dei giovani - e anche a sostegno delle istituzioni locali", ha proseguito. Nell'intervista il comandante del contingente italiano dispiegato in Unifil ha chiarito che da quando "nel 2006 siamo entrati in questo teatro operativo le cose sono migliorate notevolmente". "In questo scenario operano tantissimi attori ed è come se ci fosse una successione di equilibri instabili. E' questa situazione di stabile instabilità che fa si che sia difficile prevedere quando effettivamente non ci saranno più braci sotto la cenere e Unifil, che può essere considerato il pompiere, potrà ripiegare i suoi materiali e potrà ritornare nei Paesi da cui provengono gli oltre 10mila peacekeepers", ha affermato Stecca. Interrogato sulla possibile conclusione della missione, il generale Stecca ha affermato: "Il mio auspicio è che quanto prima si possa restituire le chiavi del sud del Libano al governo perché vorrà dire che per allora sarà stata trovata una pace duratura e stabile con Israele e che la situazione sarà abbastanza sotto controllo per potercene andare. Ma non so dire quando potrà accadere".
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