top of page
rroggero5

Libano - Una lezione che Israele non vuole imparare

Lorenzo Utile - Israele sa bene che la guerra in Libano è qualcosa di molto complesso, ma a quanto pare la lezione del 2006 e le precedenti non sono bastate. Lo dimostra il fatto che Hezbollah, nonostante i duri colpi subiti, l’uccisione del leader Hassan Nasrallah, del successore Hashem Safieddine e del successore di questi, e i bombardamenti a tappetto delle Israel Defense Forces (bisogna avere una bella faccia tosta a definirle “Defence Forces”…), continua a essere una minaccia per tutto il nord dello Stato ebraico. Ieri, l’ennesima pioggia di razzi partiti dal Sud Libano si è diretta su Haifa, con il peggiore attacco contro la città israeliana dall’inizio della guerra, con 85 missili.

Hezbollah ha tre questioni fondamentali aperte, decisive per il proprio futuro. La prima, un nuovo leader; la seconda, comprendere come gestire la difficile alleanza con Yeheran, difficile soprattutto da rendere operativa; La terza, cercare di rafforzare i rapporti con le altre fazioni in Libano, per evitare che il Paese sia inghiottito da una guerra che isoli Hezbollah a livello politico e militare.

A questo proposito, il vice leader del partito, Naim Qassem, uno degli ultimi rimasti ai vertici, ha detto di sostenere il lavoro del presidente del Parlamento, Nabih Berri, per raggiungere il cessate-il-fuoco. Un segnale importante non solo per l’apertura nei riguardi dello stesso Nabih Berri, ma anche perché Qassem, per la prima volta, non ha collegato esplicitamente lo stop alle ostilità in Libano con quello nella Striscia di Gaza, focalizzandosi sulla situazione nazionale. “Se il nemico continua la sua guerra, allora a decidere sarà il campo di battaglia “, ha continuato il numero due di Nasrallah, ma il messaggio proveniente dai comandi di Hezbollah resta particolarmente importante. Un annuncio che però le Israel Defense Forces non sembrano al momento avere colto, visto che in questi giorni lo Stato ebraico ha aumentato la pressione, oltrepassando il confine con reparti terrestri, in quella che è a tutti gli effetti una violazione di un territorio sovrano, un’azione di guerra con tanto di dichiarazione unilaterale (e la tacita nonché vergognosa legittimazione della comunità internazionale). Non solo bombardamenti aerei, sempre più intensi sia nel Sud che a Beirut e nella Valle della Beqaa, ma anche con un dispiegamento di un numero sempre maggiore di truppe. Dopo che lunedì le IDF avevano annunciato l’ingresso nel sud del Paese della 91a divisione “Galilea”, ieri è stato comunicato lo schieramento di un’altra divisione, la 146a, portando il numero dei soldati presenti in Libano intorno alle 15mila unità. Per molti esperti, questo è uno dei segnali più indicativi del fatto che l’operazione di terra in Libano, annunciata come una manovra di limitato respiro, potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto più ampio. Di fatto, i soldati israeliani che stanno cadendo in Libano sono sempre più numerosi, e la tensione si respira in tutto il Paese, come suggerito anche dal tragico incidente che ha coinvolto la troupe del Tg3 vicino Sidone, in cui è morto l’autista, e la posizione del contingente Unifil che si trova proprio nell’area interessata dalle manovre israeliane. Netanyahu ha convocato i ministri del Gabinetto di Guerra al quartier generale IDF a Tel Aviv, l’obiettivo israeliano sarebbe infliggere un duro colpo alla Repubblica Islamica dell’Iran, con operazioni mirate su siti militari, impianti petroliferi o centri nevralgici del programma nucleare. Il tutto con l'intenzione di spezzare il cosiddetto "asse del male" Teheran-Baghdad-Damasco-Beirut-Gaza, per porre le basi di un vero, quanro illusorio dominio dal corso dell'Eufrate al Nilo. In questo contesto e a tale scopo i missili e gli aerei israeliani stanno colpendo anche la Siria.

Comments


bottom of page