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Libano - Un piccolo passo nella giusta direzione

Lorenzo Somigli (“Il Tazebao”) - Grazie all’evento di Eurac Research Institute for Comparative Federalism, nel quale è intervenuto anche André Sleiman, abbiamo avuto modo di apprezzare il lavoro di Democracy Reporting International-Lebanon. Dopo aver raccolto una pluralità punti di vista in “Volere o votare”, proseguiamo nelle riflessioni sulle elezioni legislative libanesi. Stanti anche gli ultimi sviluppi sul gas, il Libano rimane un paese da attenzionare. Su gentile concessione di André Sleiman, abbiamo tradotto la pubblicazione di Makram Rabah dal titolo “Lebanon’s Parliamentary Elections: A Fragile Step in the Right Direction”, pubblicata il 1° giugno da Democracy Reporting International – Lebanon.

I punti cardine dell’analisi di Makram Rabah sono: crescita esponenziale delle liste indipendenti e non affiliate; salienza dei temi come lotta alla corruzione e indipendenza del paese; le prossime elezioni per la Presidenza come vero banco di prova per gli indipendenti.

Le tanto attese elezioni del 15 maggio 2022 hanno messo a tacere molti scettici: in primo luogo, coloro che addirittura non credevano si sarebbero svolte, ma soprattutto coloro che dubitavano di un successo nelle urne delle forze di opposizione emerse dalle proteste popolari dell’ottobre 2019 (“la Rivoluzione”). Contrariamente a quanto molti pensavano, i risultati definitivi dimostrano che queste elezioni non sono state solo un’occasione per le élite dominanti di riconfermare il controllo sui propri feudi, ma hanno aperto una prospettiva per un vero cambiamento nel futuro.

Questo segnale di ottimismo deriva dal risultato delle liste di opposizione indipendenti, comunemente indicate come le “forze del cambiamento” (qiwa at-taghyir) – o, in modo meno corretto, “liste della società civile” (mujtamaa madani) – che sono riuscite a conquistare 13 seggi contro un solo seggio nel 2018, con un imponente aumento dei voti ricevuti, da 39.075 nel 2018 (2,1% dei voti) a 300.000 nel 2022 (16,2%), che le rende seconde solo a Hezbollah e al movimento Amal, e davanti alle forze libanesi. Hezbollah, agente dell’Iran nel Levante, ha perso la maggioranza in parlamento, poiché molti dei suoi alleati, in particolare il Movimento Patriottico Libero, guidato dal genero del presidente Michel Aoun ed erede politico Gibran Bassil, considerati vicini al regime di Assad ha perso tutti i seggi, in alcuni casi conquistati dal 1992. Purtroppo, continua la grave sotto-rappresentanza delle donne in parlamento: le recenti elezioni non hanno portato a grandi cambiamenti, con un aumento solo marginale da 6 a 8 membri eletti, 5 dei quali dell’opposizione.

L’impennata di voti alle liste di opposizione e non allineate non va letta solo e soltanto come una un voto di protesta contro le élite politiche che sfuggono alla responsabilità di aver portato il paese sull’orlo del fallimento, ma evidenzia un cambiamento nel comportamento elettorale degli elettori che hanno interrotto una certa abitudine di voto in favore di un’alternativa politica apparentemente più promettente.

Mentre i partiti politici affermati continuavano a fare affidamento su un blocco di voti certo, assicurato da votanti fedeli e allineati ideologicamente con loro o destinatari di servizi clientelari, molti libanesi, pur con simpatie partigiane, hanno votato, questa volta, per liste di opposizione denunciando proprio il sistema che precedentemente li ha beneficiati.

«Questa inversione di tendenza è probabilmente il risultato dell’esaurimento dei servizi clientelari e della disillusione nei confronti di politici e ideologie che hanno ripetutamente deluso le richieste di riforma».

Non tutti hanno votato. Molti resoconti dei media hanno suggerito che in alcune aree le persone sono state intimidite per non votare. Inoltre, ad esempio, alcuni potrebbero non avere fiducia nell’alternativa. L’affluenza alle urne è stata inferiore rispetto alle elezioni del 2018 e del 2009 (rispettivamente 49,7% e 54%), un risultato che contrasta con l’enormità della posta in gioco associata alle elezioni in corso. Il calo dell’affluenza è stato particolarmente marcato in alcune regioni, forse una correlazione con il “boicottaggio” di Hariri e il timore di sfidare la supremazia di Hezbollah. Il distretto di Hasbaya-Marjeyoun, dove l’opposizione ha vinto due seggi chiave, e Tripoli, hanno assistito a una diminuzione dell’affluenza alle urne del 10%, Saida-Jezzine (I sud) una diminuzione del 16% e il distretto di Nord II una diminuzione del 33%, tutti alla fine ha servito le liste dell’opposizione.

«Il voto senza precedenti della diaspora libanese è stato in gran parte a favore delle fazioni anti-establishment, con il 60% dei 130.000 elettori stranieri che hanno votato per le liste dell’opposizione».

Nuovi contendenti indipendenti hanno conquistato due seggi nei distretti in cui Hezbollah e Amal avevano fino ad ora rivendicato l’egemonia: un risultato significativo. La tiepida partecipazione sciita (42%) – per non dire la riluttanza a votare – è in gran parte il risultato dell’archiviazione di un’agenda di riforme socio-economiche e politiche.

«Hezbollah e il movimento Amal sono riusciti a mantenere tutti i 27 seggi sciiti ma, per la prima volta, non sono riusciti a garantire la rielezione dei principali alleati non sciiti che hanno partecipato al loro ticket». Tuttavia, il mantenimento dei seggi parlamentari che spettano alla comunità sciita ha permesso al duo Sciita di rieleggere il capo del movimento Amal, Nabih Berri, alla Presidenza, e quindi, di offrire una copertura istituzionale alle milizie Hezbollah.

Garantire i guadagni della “rivoluzione”: diversità all’interno di una parvenza di unità

L’incapacità dei tradizionali partiti settari di mantenere in funzione il radicato sistema clientelare, le gravi tragedie che si susseguono dal 2019 e il deragliamento dell’indagine sull’esplosione del porto di Beirut dell’agosto 2020 hanno spinto molti elettori verso l’agenda politica dei candidati indipendenti.

I nuovi contendenti hanno beneficiato del boicottaggio da parte dell’ex primo ministro Saad Hariri, raccogliendo parte del voto sunnita. Ad ogni modo, se Hariri riuscirà a tornare nell’arena politica, molti di questi elettori potrebbero riavvicinarsi alla vecchia appartenenza politica. Le prestazioni dei parlamentari dell’opposizione e la loro capacità di consolidare il consenso saranno un fattore chiave in questo senso.

«I nuovi membri dell’opposizione non condividono necessariamente opinioni identiche su tutte le questioni di governance, ma condividono un’ampia visione comune su questioni chiave relative alla sovranità statale e alla lotta alla corruzione».

Sebbene questo programma abbia attirato molti elettori, i 13 nuovi membri del parlamento non hanno potuto ottenere un punteggio migliore a causa delle alte soglie di sbarramento imposte dalla legge elettorale, che priva i diritti delle minoranze politiche, oltre al limitato accesso ai media, alla mancanza di risorse, logistica e mancanza di esperienza di campagna rispetto ai partiti politici affermati.

«Le elezioni del maggio 2022 potrebbero essere un momento spartiacque nella lotta in corso per rifondare uno stato immune da interferenze regionali a causa del braccio di ferro Iran-Arabo in corso».

L’opposizione dovrebbe lavorare per l’elezione, nel settembre-novembre 2022, di un Presidente della Repubblica che rappresenti le aspirazioni della maggior parte dei libanesi piuttosto che l’agenda di un gruppo rispetto a un altro. Le elezioni presidenziali sarebbero il secondo passo concreto nella giusta direzione.

La vera sfida per la nuova opposizione ora consiste non tanto nello speculare sulle tendenze politiche che li hanno aiutati a entrare in parlamento, ma nella capacità di unire le forze e diventare un centro di gravità politico che genera le proprie tendenze politiche, così da diventare un serio concorrente per l’establishment al potere. Questo può essere fatto solo se questi piccoli gruppi, a volte disgiunti, si attivano per la costruzione di reti transnazionali che possano diventare moderne piattaforme politiche, con un forte potere di convocazione, che facciano appello agli elettori libanesi disincantati che desiderano un sistema politico veramente democratico. «Altrimenti, il sistema clienterale, profondamente resiliente, sarà pronto a cannibalizzare, attirare o cooptare astutamente i suoi nuovi arrivati ​​per rivendicare una rinnovata legittimità».

Questa analisi è stata scritta da Makram Rabah, docente all’Università americana di Beirut, Dipartimento di Storia. Il suo libro “Conflict on Mount Lebanon: The Druze, the Maronites and Collective Memory” (Edinburgh University Press: 2020) copre le identità collettive e la guerra civile libanese.

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