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Libano - Raggiunto accordo per cessate-il-fuoco

Assadakah Beirut - Finalmente le armi dovranno tacere. Da mercoledì mattina 27 novembre, e per 60 giorni, niente più bombe. Due mesi per non ricominciare una guerra e per minacciarne altre, e nell’attesa di Trump e dei suoi imperscrutabili piani.

Questa volta, la diplomazia non ha dovuto cestinare le bozze degli accordi. Il gabinetto di guerra del governo israeliano ha dato l’approvazione nella serata, quando anche da Beirut era giunto il via libera. Solo in Libano, però, e non a Gaza, dove il massacro continua.


Washington e Parigi si intestano il successo, il primo dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e la sconsiderata reazione di Israele, e a meno di una settimana dall’emissione del mandato di cattura internazionale per Netanyahu. “Con una comprensione totale tra Israele e gli Stati Uniti, manteniamo la libertà militare completa”, ha detto il premier israeliano nel discorso serale alla nazione. “Quanto davvero durerà il cessate il fuoco in Libano dipende da cosa succederà sul terreno: se Hezbollah si riarmerà, noi attaccheremo”, ha aggiunto, avvertendo: “Hezbollah non è più quello di prima, lo abbiamo riportato indietro di decenni”.

L'accordo prevede che le truppe israeliane si ritirino gradualmente dal Libano meridionale e che l'esercito regolare libanese si schieri nella regione roccaforte di Hezbollah entro 60 giorni. L’organizzazione armata dal proprio canto si impegna a porre fine alla sua presenza lungo il confine a sud del fiume Litani. Il governo di Beirut è pronto a schierare almeno cinquemila uomini dal momento del ritiro delle truppe israeliane. Nelle pieghe dell’intesa è però stabilito un meccanismo che, senza dichiararlo, ammette il tentativo di esautorare Unifil, la missione internazionale Onu. Gli Stati Uniti, infatti, potrebbero svolgere un ruolo di “osservazione”, che fino ad ora era affidato ai caschi blu. Il ministro della Difesa di Tel Aviv, Israel Katz, ha ribadito che intende applicare la «tolleranza zero» verso qualsiasi violazione del cessate il fuoco. L’accordo prevede infatti che Israele possa mantenere libertà operativa per rimuovere le minacce di Hezbollah e consentire ai residenti sfollati di tornare in sicurezza alle loro case nel nord. Hezbollah però non se ne andrà del tutto e annuncia che resterà in altre forme per aiutare i libanesi sfollati a tornare nei loro villaggi e a ricostruire le aree distrutte.

Prima della pace ci sono le intese e prima delle intese ci sono regole non scritte, che nessuna guerra riesce a strappare. «Svuotare i caricatori» è l’ordine che precede il tempo del cessate il fuoco. Colpire in fretta, senza pietà, regolando prima della tregua i conti in sospeso. Domenica scorsa, nel pieno del negoziato, Hezbollah con i suoi emissari confermava la disponibilità a fermare le armi. Intanto scaricava su Israele una raffica di 250 razzi, impossibili da contrastare anche per “Iron Dome”, la contraerea che poco può fare quando le raffiche piombano simultaneamente da ogni direzione. Ieri è stato il turno di Israele, che ha scatenato decine di attacchi furiosi contro il Libano, arrivando a colpire 20 obiettivi in 120 secondi.

Gli aerei da guerra israeliani hanno bersagliato i sobborghi meridionali di Beirut con un'ondata di attacchi aerei, poco prima che il gabinetto israeliano si riunisse per discutere la cessazione delle ostilità.

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