top of page
rroggero5

Libano - Le IDF invadono il Paese e nessuno fa niente?

Assadakah News - Diciotto anni dopo i soldati israeliani si ritrovano a combattere contro i paramilitari di Hezbollah tra le case di Maroun Al Ras. Qui nel conflitto tra luglio e agosto del 2006 sono state combattute alcune delle battaglie più sanguinose, le perdite tra gli israeliani avevano spinto lo stato maggiore a richiamare i riservisti. I militari di leva e di carriera non bastavano per invadere il Sud del Libano.

Le televisioni locali hanno rilanciato l’immagine delle truppe che innalzano la bandiera israeliana su Maroun Al Ras. Una provocazione nei confronti di Hezbollah: questa volta è diverso. È diverso perché lo stato maggiore ha imparato le lezioni emerse dalla commissione d’inchiesta istituita dopo il conflitto del 2006 e non ha aspettato prima di ingrossare i numeri sul confine: altre due divisioni sono state mobilitate, in totale sono quattro e l’invasione si è estesa verso la costa sul Mediterraneo, l’esercito ha vietato ai libanesi di muoversi tra terra e mare per almeno quindici chilometri verso nord. Gli scontri avvengono vicino alle basi delle truppe Unifil, così Antonio Tajani, il ministro degli Esteri, ha chiesto assicurazioni all’israeliano Israel Katz «perché garantisca la sicurezza del contingente Onu» di cui fanno parte anche gli italiani. Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, conferma che Hashem Safieddine, il successore di Hassan Nasrallah, è stato ucciso in un bombardamento.

In serata l’esercito lo ha smentito: «Aspettiamo ancora le conferme». Incita i libanesi «a liberarsi di Hezbollah per non subire una distruzione come a Gaza». L’organizzazione sciita armata dall’Iran non ha un capo ufficiale, è Naim Qassem, segretario generale ad interim, a parlare per la prima volta in pubblico da quando il gruppo ha subito i colpi dell’offensiva israeliana dall’esplosione dei cercapersone all’eliminazione di Nasrallah. «Vi assicuro che le nostre capacità militari sono intatte», proclama in tono di sfida. «Lo dimostrano le centinaia di droni e razzi lanciati contro Haifa e altre città». Dopo il bersagliamento di ieri il comando per il Fronte interno ha reimposto limitazioni per le scuole israeliane in Alta Galilea.

Eppure Qassem dichiara di sostenere «gli sforzi del Libano per raggiungere una tregua», senza pretendere che il cessate il fuoco venga legato a uno stop nei combattimenti contro Hamas a Gaza, come invece chiedeva Nasrallah da quando l’8 ottobre dello scorso anno ha deciso di attaccare il Nord di Israele per aprire un altro fronte, mentre Netanyahu ordinava l’offensiva contro i fondamentalisti palestinesi. Il premier ha convocato una riunione del consiglio di guerra per discutere la rappresaglia contro il lancio di 181 missili balistici da parte dei Pasdaran iraniani.

Yoav Gallant, il ministro della Difesa, dovrebbe volare a Washington proprio per coordinare con gli americani le diverse opzioni. Ma per ora il viaggio è sospeso: Bibi, com’è soprannominato, si sta mettendo in mezzo: prima di dargli il permesso di partire vuole ricevere una telefonata dal presidente Joe Biden. Che non gli parla dal 27 agosto.

Comments


bottom of page