Talal Khrais (NNA Romoa) - Sua Santità ha più volte espresso la necessità di aiutare con generosità il Libano, anche se cosciente che non tutti raccolgono il suo appello.
Di tanto in tanto, i funzionari libanesi ci sorprendono con una visita alla Santa Sede, il cui scopo, secondo loro, è chiedere al Papa di aiutare il Libano. Sarebbe normale se si chiedesse assistenza a un Paese europeo in cui un nuovo governo non ha privilegiato la situazione in Medio Oriente, ma per il Libano è un approccio differente.
I rapporti fra Libano e Vaticano risalgono almeno al XVI secolo, e non sono mai stati interrotti, e non sono solo rapporti di tipo ufficiale, fra Stato e Stato.
Tutte le Chiese libanesi, in particolare la Chiesa maronita, e tutte le istituzioni affiliate alla Santa Sede, operano da centinaia di anni in Libano, per non parlare delle borse di studio, oltre alla presenza del Vaticano sul suolo libanese attraverso centinaia di orientalisti che conoscono bene il Libano, scrivono libri e pubblicano articoli ogni giorno. Procedendo dalla posizione costante della Santa Sede nei confronti del Libano, il Santo Padre esprime la sua solidarietà al Libano, e ne chiede l'assistenza, ripetendo la parola: generosamente.
Pochi giorni dopo l'esplosione che ha scosso la capitale libanese, nell’agosto 2020, Sua Santità ha dichiarato: "Il disastro invita tutti noi, a cominciare dai libanesi, a collaborare per il bene comune di questo amato Paese. Il Libano ha un'identità speciale, che è frutto dell'incontro di culture diverse, emersa nel tempo come modello di convivenza”. Papa Francesco rinnova in ogni occasione la richiesta della comunità internazionale di aiutare il Libano, che motiva molti Paesi a realizzare il suo desiderio.
La Santa Sede è ben consapevole, anche più di altre, delle ragioni che hanno determinato le condizioni vissute dal popolo libanese, fra cui la corruzione dilagante, l'assenza di riforme e l'incapacità della classe politica di raggiungere la giustizia sociale. Ecco il perché dell'invito del Santo Padre ai vertici delle Chiese libanesi, lo scorso 1 luglio, a incontrarsi in Vaticano per discutere le vie d'uscita dalla crisi economica e politica, con l'eccezione della classe politica.
Un esperto di affari vaticani, lo scrittore e giornalista Roberto Matoya, ha affermato: “Sua Santità in ogni occasione riporta il Libano sul fronte politico e religioso, e lo cita spesso nelle sue preghiere. In ogni occasione esprime il desiderio di visitare il Libano, un Paese che ha descritto come messaggio di libertà ed esempio di pluralismo tra Oriente e Occidente, e si rivolge al popolo libanese dicendo di non rinunciare alla propria eredità culturale e spirituale”.
Inoltre, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, ha affermato durante la sua recente visita in Libano: “Sua Santità sta ancora pregando per il Libano, perché possa superare l'attuale crisi e possa dirigersi verso un futuro migliore”. Durante un incontro con alcuni religiosi musulmani e cristiani nella cattedrale di San Giorgio, nel centro di Beirut, ha detto: "Il Libano non è solo e noi siamo al vostro fianco in silenzio e solidarietà per esprimervi il nostro amore".
Sebbene il Paese più piccolo del mondo, e il più potente a livello diplomatico, abbia avuto un ruolo nell'incitare la comunità internazionale a stare dalla parte del Libano, tutti chiedono comunque che il Libano attui le necessarie riforme. Ciò si è tradotto nei recenti incontri fra il papa e i leader mondiali, fra cui il presidente degli Stati Uniti John Biden e il primo ministro francese Jean Castix.
Di fronte a tutto ciò, però, visitare il Vaticano e farsi fotografare con il papa, ma senza poi realizzare alcuna riforma, allevia forse la tragedia delle persone per le quali il Vaticano non ha smesso di adempiere ai suoi doveri?
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