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Libano - Impotenza Onu, fallimento Unifil

Roberto Roggero* - L’Unifil, la Forza di Interposizione in Libano, nasce nella totale ambiguità. L’inadeguatezza della presenza e l’inefficienza dell’azione in questa zona, trovano causa in quel difetto originario, contenuto nella Risoluzione n. 425 del 1978, secondo cui Unifil avrebbe dovuto, tra gli altri compiti, “assistere il governo del Libano nel garantire il ritorno della propria autorità effettiva nell’area”. Israele, infatti, più volte si orientava a compiere azioni militari oltre il confine, ma non sono mai state quelle incursioni a demolire la effettiva autorità libanese.

Quando l’Onu riconosceva, decenni fa, che Israele aveva compiuto il ritiro da quelle zone, il governo del Libano continuava a non esercitare nessuna autorità nell’area, una fascia di terra prima rimessa alle indisturbate attività dell’OLP e poi lasciata all’amministrazione di Hezbollah. Da lì in poi, le risoluzioni dell’Onu, estremamente miopi sull’obbligo di ritiro di Israele, completamente orbe sugli inadempimenti della stessa Unifil, avrebbero continuato a nascondere sotto al tappeto la realtà di una situazione sistematicamente irrisolta.

La famosa Risoluzione Onu 1701 del 2006, inutilmente evocata dal Consiglio di Sicurezza, è l’esame che rivela tutti i parametri sbagliati in base ai quali si è preteso di impostare la gestione di quell’area. Risale infatti a 18 anni fa, a quella Risoluzione con cui l’Onu manifestava le ragioni della propria impotenza ed esibiva le prove del proprio fallimento, l’auspicio che non ci fossero forze straniere in Libano senza in consenso del suo governo, il tutto sul presupposto che il governo del Libano si impegnasse a estendere il proprio controllo su tutto il territorio libanese, e che Unifil assicurasse che l’area non fosse utilizzata per attività ostili.

Vent’anni dopo, l’Onu lamenta il mancato rispetto della Risoluzione 1701, mentre rinnovava per un altro anno il mandato Unifil. E’ più che legittimo concludere che la missione è manifestamente fallita. Se i militari italiani sono a rischio, è perché agiscono in un contesto ribaltato esposti al risultato di una missione nata storta, che ha permesso agibilità assoluta al più potente esercito terrorista del mondo, cioè quello israeliano. E di certo l’Onu offre il fianco al governo sionista, il quale, di fronte all’impotenza del Consiglio di Sicurezza, si sente legittimato a fare il proprio comodo. Anche nel campo della cosiddetta cooperazione umanitaria l’Onu è responsabile di totale mancanza di risultati, anzitutto con la Unrwa, la più grande di queste organizzazioni, il cui direttore, Philippe Lazzarini, qualche giorno fa doveva ammettere che la propria organizzazione è in effetti percepita in modo errato dai palestinesi, cioè come l’ufficio internazionale che si oppone all’ingiustizia israeliana e la cui presenza preconizza quella possibilità di ritorno dei palestinesi non a Gaza o in Cisgiordania, ma nella terra rubata nel 1948.

( * Direttore responsabile Assadakah News)

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