Roberto Roggero – Da troppo il Libano sta vivendo una condizione estremamente difficile, e lo stesso presidente Michel Aoun, ha chiesto alle forze politiche e sociali di porre fine a tale condizione, che sta corrodendo le istituzioni in un preoccupante tracollo economico. Da metà ottobre il governo non si riunisce, oltre allo stallo delle indagini estremamente confuse e difficili sulle responsabilità del disastro dell’agosto 2020, che ha causato la morte di più di 200 persone e il ferimento di oltre cinquemila, distruggendo intere zone della capitale.
La paralisi istituzionale ha conseguenze dirette anche sugli aiuti internazionali: il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dichiarato che il Libano non sarà aiutato se non uscirà dall’impasse, auspicando che le elezioni, in programma il prossimo anno, inaugurino una stagione di stabilità.
Il primo ministro libanese Najib Miqati spera nel 2022: "Siamo in contatto con il Fondo Monetario Internazionale, e stiamo finendo i compiti, finiamo quello che c’è da fare e intorno al 15 gennaio nei primi incontri rivedremo quanto fatto. Poi continueremo il nostro lavoro e ci riuniremo di nuovo, magari alla fine del mese o all'inizio di febbraio per finalizzare l'accordo. A quel punto annunceremo al popolo libanese lo stato dei fatti". Il Libano sta vivendo una delle peggiori crisi economiche dal 1850 secondo la Banca Mondiale, con un deprezzamento senza precedenti della sua valuta e un impoverimento della popolazione. Circa l'80% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
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