Roberto Roggero* - Oltre 500 morti, centinaia di feriti e decine di migliaia di persone in fuga. Quella di lunedì è stata la singola giornata più sanguinosa per il Libano dalla fine della guerra civile 1975-1990, ben più letale anche della guerra fra Israele e Hezbollah del 2006. L’aggressione israeliana è proseguita anche il giorno successivo, fra annunci di nuovi attacchi contro il Libano. La paura si è impadronita dei libanesi, che hanno ancora tristi ricordi del recente passato e inoltre, secondo fonti governative, è reale il rischio di una invasione di terra, quella che sia Washington che l’UE dicono di voler evitare. A parole certo, ma non sarebbe il caso di passare ai fatti, e smettere di permettere al governo sionista israeliano di continuare impunemente ad assassinare innocenti? Imporre la pace, se così deve essere.
Intanto da Washington giunge l’invito per i cittadini americani, di lasciare il Libano, finché ci sono ancora voli disponibili. Nel frattempo, gli aerei da guerra con la stella di David continuano a lanciare bombe e missili su Beirut, mentre si è diffusa la notizia della morte di Ibrahim Qubaisi, comandante delle unità lanciamissili di Hezbollah.
Le ultime notizie parlano di almeno 560 morti, nel sud e nella parte orientale del Libano, fra cui 50 bambini e 94 donne, e i feriti sono più di 1850. L’aviazione israeliana ha bombardato anche diversi villaggi, causando altre morti, fra cui quella di due membri dello staff dell’agenzia dell’ONU per i rifugiati (Unhcr).
Un nuovo raid israeliano, confermato dall’IDF, ha colpito il quartiere meridionale di Dahiyeh a Beirut, roccaforte di Hezbollah. Si tratta della terza ondata di attacchi, con i caccia israeliani che hanno sganciato circa 2.000 munizioni su obiettivi di Hezbollah in Libano, e solo lunedi. I jet da combattimento dell’IDF hanno colpito circa 1.500 obietti, mentre l’esercito di Tel Aviv parla di 400 lanciarazzi a medio raggio, 70 depositi di armi e circa 80 fra droni e missili da crociera da lunedì in Libano. La maggior parte degli attacchi ha preso di mira case in cui Hezbollah aveva immagazzinato munizioni. “Continueremo a colpire Hezbollah” in Libano e “chi ha un razzo nel salotto non avrà più una casa”, ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu con un post su X. In un videomessaggio registrato da una base dell’IDF, il premier israeliano si è rivolto al popolo libanese e ha sottolineato che “la nostra guerra non è contro di voi, la nostra guerra è contro Hezbollah”. Allora perché sono stati uccisi almeno 50 bambini e un centinaio di donne? Sono solo effetti collaterali?
Le forze israeliane hanno continuato gli attacchi con raid al sud su Baalbek e le aree circostanti, che hanno preso di mira il distretto di Al-Tal Al-Abyad, la città di Talia e la periferia di Shamstar, oltre che nella valle della Beeka. Nella notte di lunedì, l’aviazione di Tsahal ha colpito decine di obiettivi in numerose regioni, mentre l’artiglieria ha bersagliato altri obiettivi nelle zone di Ayta al-Shab e Ramyeh, già bombardate ieri. C’erano basi di lancio di razzi, ha spiegato l’Idf in una nota, che dà conto ancora una volta di numerose “esplosioni secondarie” degli obiettivi colpiti, che indicano che negli edifici erano immagazzinate armi. Nuovi avvisi di evacuazione sono stati inviati ai civili in Libano dall’Idf: “Chiunque si trovi vicino ad elementi di Hezbollah si mette in pericolo”, ha scritto su X il portavoce in lingua araba dell’Idf.
Il ministro della Salute libanese Abiad ha dichiarato che i bombardamenti israeliani di martedì hanno colpito un ospedale. “Quattro paramedici sono morti ieri quando ambulatori e cliniche sono stati colpiti da Israele. Questa mattina hanno colpito l’ospedale di Bint Jbail”. Il Libano ha deciso di chiudere scuole e università fino alla fine della settimana a causa dei raid israeliani nel sud e nell’est del paese. L’IDF ha pubblicato una varia documentazione video e fotografica per provare che gli edifici colpiti lunedì celavano missili e munizioni. Una foto in particolare mostra un razzo stipato in quello che sembra un garage. Le autorità israeliane sono convinte di aver dimezzato le capacità missilistiche di Hezbollah con il raid di lunedì, e aver ridotto a un quarto la capacità di razzi con gittata oltre i 40 km.
Tra lunedì e martedì quasi centomila persone sono fuggite dal sud del Libano verso la capitale Beirut, cercando un riparo dai bombardamenti. L’esercito israeliano ha inviato ai civili abitanti dei bersagli finiti del mirino dell’aviazione migliaia di messaggi ordinando di lasciare la loro casa per evitare di finire coinvolti nei raid. In molti si sono chiesti come abbia fatto, visto che lo Stato ebraico non dovrebbe avere accesso ai registri telefonici dei cittadini libanesi. Secondo due ufficiali dell’intelligence israeliana, Israele è stato in grado di inviare le chiamate e sms violando i sistemi di telecomunicazione, pratica perfezionata negli ultimi dieci anni. Il traffico sulle autostrade è rimasto bloccato fino a notte fonda. Il governo libanese ha chiuso diverse scuole per adibirle a rifugi temporanei per i profughi. Nasser Yassin, il ministro libanese che coordina la risposta alla crisi causata dagli attacchi tra Israele e Libano, ha comunicato che sono state messe a disposizione 89 strutture, per accogliere oltre 26mila persone. Il canale televisivo saudita Al-Hadth riferisce che “più di 5.000 persone hanno attraversato il confine dal Libano alla Siria dall’inizio dell’offensiva israeliana”.
Secondo l’emittente televisiva libanese Al Manar, alcuni razzi Fadi-1 e Fadi-2 sono stati lanciati contro la base di Amos, considerata il principale hub logistico e di trasporto nel nord di Israele, contro la fabbrica di esplosivi Zichron a 60 km dal confine e contro la base aerea di Ramat David e l’aeroporto militare di Megiddo. Molte compagnie aeree straniere hanno cancellato i voli verso Israele per via dei rischi nei cieli. Tra queste Wizz Air, British Airways, la compagnia aerea spagnola Iberia, Turkish Airlines e Azerbaigian Airlines. Air France ha prolungato lo stop ai voli già disposto. L’ambasciata Usa a Gerusalemme ha imposto delle restrizioni ai suoi dipendenti per i viaggi nel nord di Israele.
Secondo i media dello Stato ebraico, gabinetto di sicurezza israeliano non ha preso nuove decisioni sul conflitto in Libano e rimarrebbe aperto alla de-escalation con Hezbollah, secondo i media dello Stato ebraico.
Netanyahu parlerà giovedì all’Assemblea generale dell’Onu. Una fonte interna al governo israeliano ha detto che l’obiettivo dell’operazione contro Hezbollah è fare “deterrenza” nei confronti dell’Iran per scoraggiare Teheran dall’attaccare Tel Aviv.
L’amministrazione Biden ha reagito con preoccupazione alle notizie dal Medio oriente. Lunedì Washington ha fatto sapere di essere contraria a un’invasione di terra da parte di Israele in Libano e assicurato che la Casa Bianca ha “idee concrete” per riportare la calma tra Israele e Libano. Idee che gli Stati Uniti presenteranno ai leader mondiali e agli alleati questa settimana all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha assicurato un alto funzionario anonimo del Dipartimento di Stato ai media americani lunedì. Sulla stessa linea ci sarebbero numerosi altri Paesi, che lavorano a una “via d’uscita” da offrire al governo Netanyahu e a Hezbollah per ridurre le tensioni e prevenire una guerra totale nella regione. Anche il ministro britannico degli Esteri David Lammy ha chiesto a Tel Aviv di fermare i raid.
Oltre alle questioni geopolitiche e di sicurezza, a motivare ulteriormente per Netanyahu l’escalation Libano c’è una questione politica interna. Nei sondaggi, il partito Likud del premier è cresciuto di alcuni punti superando quello dello sfidante (ex membro del gabinetto di guerra dimessosi in polemica) Benny Gantz. La coalizione tra Likud e partiti ultrareligiosi di estrema destra, attualmente al potere, secondo le stime non raggiungerebbe comunque la maggioranza se si tenessero nuove elezioni, ma il Likud potrebbe guadagnare intorno ai 20 seggi, rispetto al record più basso di 16 seggi registrato dopo il 7 ottobre.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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