Assadakah News - E’ fuori da ogni dubbio che la elezione del generale Joseph Aoun a presidente della Repubblica del Libano abbia sbloccato una situazione da troppo tempo in stallo, e che l’iniziativa militare israeliana abbia ridotto il potenziale militare di Hezbollah e, di conseguenza, il suo peso politico nazionale, considerando anche il lavoro diplomatico condotto in questi mesi da Stati Uniti, Arabia Saudita e Francia. Nessuno comunque dubita che l’indebolimento di Hezbollah sia stato un fattore fondamentale.
Di fatto, il giuramento di Joseph Aoun come presidente segna una svolta decisiva per il futuro del Libano, tanto quanto la fine del regime di Bashar Al-Assad nella vicina Siria, che ha posto fine a circa mezzo secolo di pesante influenza politica, e ciò è dimostrato dal fatto che il nuovo presidente è stato eletto a larga maggioranza, con 99 voti su 128 deputati. Al primo turno infatti non è stato possibile raggiungere questo obiettivo proprio a causa della mancanza dei voti dei deputati di confessione sciita.
Nel discorso di insediamento, Joseph Aoun ha promesso una nuova fase per il Paese, a cominciare dal contrasto a criminalità organizzata, corruzione e traffico di stupefacenti, oltre alla assicurazione di garantire l’indipendenza della magistratura con l’introduzione di una nuova legge. Da oggi il presidente Joseph Aoun comincia le consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo, in particolare con la scelta di un nuovo primo ministro, successore di Najib Mikati, al quale per altro va riconosciuto di essersi impegnato profondamente nel proprio impegno.
“Il capo del governo sarà un partner e non un rivale”, ha precisato il presidente, che ha inoltre promesso un efficace controllo dei confini, affidato alle forze armate, che conosce fin troppo bene per esserne stato il comandante in capo per diverso tempo. Il riferimento va in particolare alla linea di confine meridionale con Israele, senza trascurare il restante territorio nazionale e la gestione del difficile problema dei campi profughi palestinesi, dove fino ad oggi ai soldati dell’esercito non è stato consentito l’accesso.
Il Parlamento libanese non è riuscito a eleggere Joseph Aoun al primo turno, perché non è stata ottenuta la maggioranza richiesta, dopo aver ricevuto l’approvazione di 71 parlamentari sui totali 128 (con 37 schede bianche e altre 20 reputate non valide), dal momento che la quota necessaria era la maggioranza dei 2/3, ovvero 86 voti.
Nabih Berri presidente del Parlamento, ha poi sospeso le votazioni per circa due ore, quindi ha annunciato la ripresa della procedura elettorale con il secondo turno. Nelle due ore si sospensione, i deputati di Hezbollah e del Movimento Amal, hanno avuto colloqui riservati con il generale Joseph Aoun, che già era considerato il candidato più idoneo, raggiungendo l’accordo prima della ripresa della votazione, ma anche nella seconda fase pare che i 30 rappresentanti di Hezbollah abbiano votato scheda bianca. La votazione in parlamento è iniziata dopo il raggiungimento del quorum, alla presenza dell’inviato presidenziale francese Jean-Yves Le Drian, dell’inviato saudita Yazid bin Mohammed bin Fahd Al Farhan, degli ambasciatori del comitato di cinque membri incaricati di redigere la documentazione ufficiale, oltre a diversi altri diplomatici. Tuttavia, i membri del Parlamento avevano ben inteso che non era pensabile uscire dall’aula senza un nuovo presidente della Repubblica e quindi, nonostante le difficoltà e le incomprensioni ancora presenti con i due partiti sciiti e il Movimento Patriottico Libero, gli altri blocchi parlamentari hanno sostenuto all’unanimità l’elezione del generale Aoun.
L’elezione del presidente, dopo ben 12 sessioni senza risultato, dopo le crisi che il Libano ha attraversato dal 2019, e dopo le insistenze di Hezbollah che voleva a tale ufficio il proprio candidato Suleiman Franjieh (che si è ritirato dalla corsa elettorale dopo la caduta di Bashar Al-Assad), segna finalmente l’inizio di una fase di stabilità.
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