Redazione Assadakah – In Italia il fenomeno Mani Pulite è stato il ciclone che ha segnato il passaggio da quella che era nota come Prima Repubblica, alla Seconda Repubblica, anche se sostanzialmente non sembra che sia cambiato granché. Mani Pulite però pare abbia avuto origine dalla coraggiosa iniziativa di un giudice libanese, il magistrato Ghada Aoun, che oggi si trova al centro di una vicenda che, a dir poco, denota vergogna da parte delle istituzioni.
Non c’è dubbio che chi ha governato il libano dal 1992, sia incarnazione di un potere corrotto che ha letteralmente saccheggiato il Paese, facendo uscire dai confini nazionali svariati miliardi di dollari verso i paradisi fiscali, mentre la popolazione versa in condizioni di indigenza ed è strangolata dalla crisi economica. La casta al potere è la stessa che ha nominato giudici accondiscendenti che si sono prestati a favorire la corruzione e che non hanno agito come avrebbero dovuto in occasione della Guerra Civile del 1975-1990, sottoposti al volere della “Ragion di Stato”, e sostenuti da forze dell’ordine altrettanto compromesse.
Esistono però anche e soprattutto persone che questo non lo hanno accettato, perché animate da valori e principi che vogliono nobilitare e non declassare. Il giudice Ghada Aoun è una di queste, e oggi rischia in prima persona la propria incolumità. Nonostante questo, non ha mai mostrato segno di cedimento di fronte ai mille ostacoli che si è trovata di fronte, per impedire a un potere corrotto di continuare a nutrirsi della linfa vitale del popolo libanese. Pochi giorni da, mentre il giudice Aoun era impegnata nelle indagini sulle società di comodo grazie alle quali avvengono i trasferimenti di capitali illegali verso le banche estere, il Consiglio Superiore della Magistratura di Beirut, evidentemente una delle personificazioni del potere corrotto in Libano, ha deciso di sospendere il mandato al giudice e procuratore generale di Corte d’Appello, Ghada Aoun, “invitandola” a conformarsi al provvedimento del procuratore generale della Corte di Cassazione, Ghassan Oueidat. Provvedimento che comprende la rimozione della giurisdizione relativa a reati di natura finanziaria.
L’origine che pare abbia determinato la decisione, risalirebbe allo scorso 28 gennaio , quando il giudice Aoun ha annunciato l’indagine a carico del governatore della Banca Nazionale del Libano, Riad Salameh; di Michel Mkafat, membro del Comitato di Supervisione Bancaria e titolare di una società che importerebbe valuta straniera; e del cassiere Abd Al-Rahman. Il reato ipotizzato, oltre alla presunta disonestà e negligenza, è di violazione dell’articolo 770 del Codice di Procedura Penale. Il giudice Ghada Aoun, inoltre, ha deferito gli indagati al giudice istruttore del Monte Libano, Nicolas Mansour, per essere ascoltati in un interrogatorio ufficiale, in programma per questa settimana.
Il conflitto fra il giudice Ghada Aun e il procuratore generale Ghassan Aoueidat, considerato vicino al premier designato Saad Hariri, occupa le prime pagine dei principali quotidiani non solo libanesi, e di certo Ghada Aoun sa di poter contare sul sostegno di tutta la popolazione libanese. Il giudice Aoun ha preso iniziative di profondo coraggio, soprattutto ordinando il sequestro di archivi, documentazione e computer di diverse società compromesse nella corruzione, che dimostrerebbero gli avvenuti trasferimenti di fondi che dovevano essere impiegati nel sostegno delle importazioni di generi di prima necessità per alleviare la sofferenza della popolazione libanese, e che invece sarebbero finiti nei conti esteri dei politici corrotti.
La Associazione Italo Araba Assadakah si unisce all’appello ai governo democratici occidentali e ai preposti organismi internazionali, perché vengano compiute approfondite e imparziali indagini sui depositi sospetti presenti in diversi istituti bancari europei e non solo, e fare in modo che gli svariati miliardi che spettavano alla popolazione libanese, che versa in condizioni di estrema povertà, tornino in Libano e siano impiegati per gli scopi a cui erano destinati, ovvero la salvezza del Paese dal baratro del collasso generale.
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