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Libano – Giudici donne sfidano il potere corrotto


Talal Khrais - Il Libano verso una giustizia giusta. L'inchiesta sull'esplosione al porto di Beirut deve proseguire anche in presenza di errori da parte della magistratura. E' quanto ha scritto il presidente libanese, Michel Aoun, sul proprio account Twitter personale, commentando la sospensione dell'indagine guidata dal giudice Tarek Bitar a seguito di un ricorso presentato dal parlamentare ed ex ministro Nohad El Machnouk.

"L'inchiesta deve continuare anche se la magistratura commette un errore. E se sbaglia ci sono tre gradi di giudizio - ha scritto Aoun - l'indagine deve continuare affinché il colpevole possa essere condannato e l'innocente assolto".

L'esplosione del 4 agosto 2020 ha causato almeno 215 morti e più di 6.000 feriti e la distruzione di quasi tutto il centro storico.

Le indagini sull'esplosione al porto di Beirut erano state bloccate, dopo che al giudice incaricato del caso, Tarek Bitar, è stata notificata la denuncia presentata ai suo danni dal deputato ed ex ministro degli Interni Nouhad Machnouk, che ne ha richiesto la sostituzione per via di presunte irregolarità nel suo operato. In questo caso, la legge libanese prevede il blocco delle indagini in attesa che la Corte d'appello si pronunci sul da farsi.

La notifica della denuncia arriva a pochi giorni dalla data fissata per una nuova udienza al processo di Machnouk, accusato tra le altre cose di "presunte intenzioni omicide e negligenza".

L'ormai ex giudice del caso aveva convocato diverse figure di alto profilo della politica e degli ambienti militari libanesi, a partire da l'ex capo dei servizi segreti militari Camille Dahel e l'ex comandante in capo dell'esercito, Jean Kahwag.

Secondo l'ex ministro degli Interni, esponente di Al-Mustaqbal, il "movimento per il futuro" di orientamento musulmano sunnita, la decisione di Bitar di perseguire dei ministri viola l'articolo 70 della Costituzione, che limita questa prerogativa al parlamento.

Anche il predecessore di Bitar, Fadi Sawan, era stata deposto da una decisione della Corte d'appello libanese. La gestione del caso del porto di Beirut ha più volte attirato le critiche della società civile libanese, a partire dai familiari delle vittime, che hanno accusato la élite politica del Paese dal sottrarsi sistematicamente alle proprie responsabilità.

Un fondamentale passo avanti è stato fatto grazie ai magistrati della Corte di Cassazione: Nassib Elia, Randa Nouri (non a caso nota come “giudice di ferro”), Meriam Chamseddine e Rosine Hjaily, che hanno rigettato in blocco ogni elemento che potesse rallentare le indagini. Una grande vittoria che riconosce giustizia alle vittime e alle loro famiglie.

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