Sono passati tre mesi dall’incendio del Comune di Tripoli, la seconda città del Libano,
capitale del Governatorato del Nord a schiacciante maggioranza sunnita. Il rogo è stato
appiccato all’edificio del Comune durante le violente proteste che nel gennaio scorso per
quattro giorni hanno sconvolto la città. Le manifestazioni promosse dal collettivo della
Thawra (rivoluzione), nato nell’ottobre 2019, hanno lasciato a Tripoli un morto, circa
duecento feriti e danni alla città, il più grave dei quali proprio alla Casa Comunale.
“Le persone che hanno appiccato il fuoco all’edificio il 28 gennaio scorso non erano
manifestanti, ma infiltrati che nulla avevano a che fare con le proteste antigovernative”,
afferma Riyad Yamaq, sindaco di Tripoli dall’agosto 2019. Medico, laureato all’Università
di Pavia e specializzato in urologia, Yamaq nel 1995 ha preferito lasciare l’Italia e tornare
in Libano, “perché avevo vissuto gli anni felici del Paese, prima della guerra civile del
1975. Avevo in mente gli anni di prosperità del Libano e sono tornato. Certo, ora la
situazione è completamente diversa e la crisi morde a fondo la Comunità. Cercheremo di
ricostruire questo edificio e restituirlo alla città.”
Riyad Yamaq Sindaco di Tripoli, Libano
Edificio del Comune di Tripoli
L'interno del Comune di Tripoli, devastato dalle fiamme
Per ora, gli unici piani agibili sono gli ultimi due, mentre il resto del palazzo è totalmente
devastato. Anche la Thawra, l’ondata rivoluzionaria che tante speranze aveva suscitato
nell’autunno 2019, non ha avuto miglior destino. “La Thawra è morta”, mi dice Mohamed,
insegnante di matematica che con la sua ONG House of Literature, Science and
development ha sfilato pacificamente nell’ottobre ’19 per le strade di Tripoli assieme a
centinaia di altre associazioni e migliaia di privati cittadini. “Le priorità ora sono cambiate:
la gente vuole cibo, lavoro, medicine, e dalla Thawra non sono arrivati risultati. Dunque
nessuno scende più in piazza a manifestare, nessuno crede più che le proteste possano
ottenere ascolto da parte del governo”.
Attività nella sede della ONG House of literature, science and development
Già, il governo: in Libano è ancora latitante, da quando nell’agosto scorso, all’indomani
dell’esplosione che devastò il porto di Beirut, il gabinetto di Hassan Diab si è dimesso.
Frattanto a Tripoli le farmacie non hanno più medicine, la gente non riesce ad acquistare il
cibo a causa della pesantissima svalutazione della lira libanese, il lavoro manca e il
carburante comincia a scarseggiare. L’abbandono scolastico è altissimo, e la città è piena
di minori che lavorano nei negozi o chiedono l’elemosina in strada. “Il governo centrale ha
abbandonato Tripoli da trent’anni”, si sfoga Nassir Namil nel suo negozio di gioielleria
nell’antico Souk dell’oro. “La corruzione ha prosciugato le risorse destinate alla città, l’aria
e l’acqua sono contaminate e la spazzatura si accumula ovunque. Oltre a questo, a Tripoli
abbiamo avuto anni di scontri tra le comunità sunnita e sciita alawita, con centinaia di morti
e distruzioni.” Namil aiuta come può le famiglie di poverissimi che abitano nei vicoli dietro
le vetrine dei gioiellieri, donando loro cibo e vestiti, soprattutto per i bambini. “Ma non posso dirlo troppo in giro”, mi confida, “perché quello che posso dare è poco e il bisogno
enorme. Non riesco ad aiutare tutti.”
Un bambino al lavoro nei souk di Tripoli
Anche l’ONG di Mohamed aiuta con donazioni in cibo e vestiario e promuove iniziative di
integrazione sociale e culturale, rispondendo al bisogno di educazione e di socializzazione
di tantissimi bambini e ragazzi. Stesse finalità di Seed (acronimo di Socio-Economic
Enhance and Development), una ONG che per finanziarsi ha aperto una Guest House nel
centro di Tripoli. “Abbiamo ristrutturato un antico palazzo appartenuto ad un muftì e tutto il
ricavato va in attività benefiche”, mi spiega il cofondatore di Seed Nazih Fino, origini
italiane e un passato lavorativo ormai alle spalle in Oxfam e Handicap International. “Il
cambiamento è stato molto positivo per m:; non sono più un funzionario di una grande
organizzazione ma con Seed aiuto direttamente il mio popolo.”
La Seed Guesthouse nel centro di Tripoli
Attività della ONG Seed
La crisi in Libano non accenna a rientrare e, se un governo non verrà formato a breve, la
situazione rischia di diventare molto pericolosa per l’intero Paese. Qui a Tripoli la
solidarietà della società civile sembra l’unica su cui la città può ancora contare, almeno
per il momento.
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