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Lega Araba – Sulla diga etiope intervenga anche l’ONU

Assadakah - I ministri degli Esteri dei Paesi della Lega Araba chiedono ufficialmente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intervenire nella disputa sulla grande diga africana, che l’Etiopia sta costruendo sul Nilo Azzurro, la cosiddetta GERD. La decisione, annunciata dal segretario generale della Lega, Ahmed Aboul Gheit, è arrivata dopo un incontro in Qatar, convocato dai Paesi a valle del Nilo, ovvero Egitto e Sudan, che potrebbero avere conseguenze poco piacevoli a causa della diga.

In una conferenza stampa dopo la riunione dei ministri degli Esteri arabi, Aboul Gheit ha descritto la sicurezza idrica del Cairo e di Khartoum come parte integrante della sicurezza nazionale araba. “Esiste una posizione araba unita”, ha affermato il ministro degli Esteri del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, durante lo stesso briefing a Doha, sottolineando di essersi messo d’accordo, insieme ai suoi colleghi, per intraprendere gradualmente una serie di passi volti a sostenere l’Egitto e il Sudan nella disputa.

“Abbiamo parlato dei negoziati sulla diga etiope per raggiungere un giusto accordo per tutte le parti interessate”, ha detto lo sceicco Mohammed, senza fornire ulteriori dettagli. “Abbiamo anche discusso di non prendere alcuna decisione unilaterale che possa causare danni ad uno degli Stati membri”, ha aggiunto, in un apparente riferimento al piano dell’Etiopia di completare la seconda fase di riempimento della diga, nella stagione delle piogge, senza un accordo preliminare tra le parti.

Egitto e Sudan avevano già concordato questo mese di lavorare insieme per spingere l’Etiopia a negoziare un accordo sul riempimento e la gestione della GERD dopo che gli colloqui, mediati dall’Unione africana, erano rimasti in stallo. I due Paesi hanno altresì chiesto agli Stati Uniti, all’Unione Europea e all’ONU di unirsi ai colloqui come mediatori insieme all’UA, ma l’Etiopia ha respinto la proposta.

Un giorno dopo l’incontro di Doha, mercoledì 16 giugno, Addis Abeba ha rifiutato anche la risoluzione adottata dalla Lega Araba relativamente alla richiesta di intervento del Consiglio di sicurezza dell’ONU. “La Lega Araba dovrebbe sapere che l’utilizzo delle acque del Nilo è anche una questione esistenziale per l’Etiopia”, ha affermato il Ministero degli Esteri etiope in una nota. “Si tratta di sollevare milioni di persone dalla povertà assoluta e di soddisfare i loro bisogni di energia, acqua e sicurezza alimentare. L’Etiopia sta esercitando il suo legittimo diritto di utilizzare le sue risorse idriche nel pieno rispetto del diritto internazionale senza causare danni significativi”, ha aggiunto.

La Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) è un progetto idroelettrico destinato a diventare uno dei più grandi del continente africano. La sua costruzione, tuttavia, è motivo di scontro tra i Paesi che ne sono coinvolti, ovvero Sudan, Egitto ed Etiopia. I tre Stati non riescono a trovare un accordo sul riempimento e sul funzionamento della diga. La controversia riguarda soprattutto il Cairo e Addis Abeba. Quest’ultima ha avviato la realizzazione dell’opera nel 2011, ma, da quel momento, varie battute di arresto ne hanno rallentato la costruzione. L’Egitto ha sempre mostrato grande preoccupazione in merito. La posizione del Cairo è quella di assicurarsi che la costruzione della GERD non causi danni significativi ai Paesi situati a valle e che il suo riempimento avvenga in maniera graduale, così da non ridurre drasticamente il livello del fiume. Per l’Etiopia, invece, i serbatoi vanno riempiti subito, durante la stagione delle piogge, e, secondo Addis Abeba, il progetto idroelettrico sarà essenziale non solo per sostenere la sua economia, in rapida crescita, ma anche per favorire lo sviluppo di tutta la regione.

L’Etiopia ha iniziato a riempire il serbatoio della diga lo scorso anno dopo che i tre Paesi non sono riusciti a concludere un accordo legalmente vincolante sul suo funzionamento. I funzionari etiopi sperano che il progetto, ora completo per più di tre quarti, raggiunga la piena capacità di generazione di energia nel 2023. Il Sudan, tuttavia, è preoccupato che l’opera possa aumentare il rischio di inondazioni e compromettere il funzionamento delle sue dighe sul fiume Nilo.

Il governo di Khartoum afferma che almeno 20 milioni di persone, più della metà della popolazione del Paese, potrebbero essere colpite se l’Etiopia riempisse e gestisse la diga senza coordinarsi con le altre parti interessate. Nel frattempo, l’Egitto ha definito la diga una minaccia esistenziale perché teme di ridurre le sue quote idriche. Il Paese, che ospita oltre 100 milioni di persone e ha scarse riserve di acqua, fa affidamento quasi interamente sul fiume Nilo.

La costruzione del più grande sistema idroelettrico africano, dal costo di circa 4,6 miliardi di dollari, dovrebbe generare più di 6.000 megawatt di elettricità. A gennaio, il Ministero dell’Acqua e dell’Energia etiope aveva garantito che, nonostante gli ultimi ritardi e le trattative in sospeso, la diga avrebbe cominciato la sua produzione a fine 2020 e sarebbe diventata pienamente operativa nel 2022. Si pensa che la diga, una volta terminata, renderà l’Etiopia uno dei principali produttori di energia della regione dell’Africa orientale.

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