Roberto Roggero – Quello della Lega Araba di certo non è un impegno facile, per questo è portato avanti ogni giorno con abnegazione e impegno. Fin dalla fondazione, l’organismo si è prodigato per risolvere i secolari conflitti che segnano da troppo tempo la situazione di questa parte del mondo, e giungere a una pacifica cooperazione per uno sviluppo comune, tuttavia i conflitti sono all’ordine del giorno. Quello in Siria, ad esempio, del quale i media occidentali sembrano essersi dimenticati, è tutt’altro che terminato, così come in diversi altri teatri, come lo Yemen.
Allo scopo di giungere a una pacificazione, la Lega Araba si sta prodigando per riportare la Siria fra i Paesi membri.
Nei giorni scorsi, il capo dell’intelligence saudita, generale Khalid Al-Humaydan, ha incontrato, a Damasco, il presidente Assad e il capo della sicurezza nazionale, generale Ali Mamluk, per negoziare la riapertura dell’ambasciata dell’Arabia Saudita dopo l’Eid al-Adha, come conferma anche il quotidiano “Rai al-Yum”. Da tempo sono in corso colloqui informali, attraverso i servizi speciali, i cui rapporti fra Siria e Arabia Saudita sono stati mantenuti dal 2018-2019.
Allo stato attuale, l’obiettivo è quello di dare respiro a una regolare opposizione politica, legale accettabile, che Damasco sarebbe pronta a riconoscere.
Riyadh concorda in linea di principio nel facilitare il ritorno della Siria nella Lega degli Stati Arabi nella prossima sessione della Lega Araba, sostenendo la proposta insieme a Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Russia e Iran, a loro volta sostengono il processo di ritorno della Siria nella Lega Araba, (una vittoria politica di Assad) e il ripristino della legittimità internazionale.
Riyadh sta ora cercando di raggiungere un compromesso con l’Iran, lo fa esprimendo il desiderio di normalizzare le relazioni. Il passo verso la legittimazione di Assad è un segnale molto positivo, poiché significa che Riyadh è pronta a compiere passi concreti che mostrino buona volontà.
Da non dimenticare il cosiddetto “Fattore Erdogan”: allo stato attuale, Erdogan non riscuote molte simpatie a Riyadh e non solo in Arabia Saudita è considerato un elemento destabilizzante. Nel 2018, in un incontro al Cairo con i capi dell’intelligence di Israele, Giordania ed Egitto, i sauditi furono concordi sul punto che la Turchia è una minaccia. In questo senso, una Siria stabile sarebbe un aiuto di non poco conto nel contenere la politica espansionistica di Ankara.
Stati Uniti e Israele ostacoleranno questo corso, poiché il ripristino delle relazioni tra Siria e Arabia Saudita distruggerebbe la politica di Washington verso l’isolamento politico ed economico della Siria.
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