Roberto Roggero – Con il riavvicinamento fra Arabia Saudita e Iran, si apre una concreta possibilità nel processo in corso per riammettere nuovamente la Siria nel mondo arabo, dopo oltre un decennio di stasi, ed è la prova che la Siria è comunque la cartina di tornasole per gli equilibri regionali. Da qualche tempo, infatti, si sta discutendo, in particolare nella Lega Araba, per fare in modo che la Siria riacquisti il proprio ruolo, dopo l’espulsione del 2011 a causa della guerra civile che ha dilaniato il Paese. E’ uno degli argomento all’ordine del giorno, nell’imminente vertice della stessa Lega Araba in programma a Riyadh, previsto per il 19 maggio, mentre continuano le consultazioni per il reintegro di Damasco all’interno del consesso dei 22 Stati arabi, decisione che segnerebbe un cambiamento nell’approccio regionale nei confronti del conflitto siriano. Anche l’Arabia Saudita, che in passato si era sempre opposta al reintegro della Siria, a causa dei suoi rapporti con l’Iran, ora ha cambiato direzione, grazie al riavvicinamento con Teheran, anche alla luce del fatto che il prossimo vertice arabo si terrà proprio nella capitale saudita Riyadh.
Il presidente siriano, da parte sua, non resta certo ad attendere. Lo scorso 20 febbraio si è recato nel Sultanato dell’Oman, nella prima visita all’estero dopo il devastante terremoto che ha colpito il Paese mediorientale il 6 febbraio. Il 19 marzo, il presidente e la moglie Asma hanno compiuto una storica visita negli Emirati Arabi Uniti, dove ha incontrato l’omologo emiratino Mohammed bin Zayed al Nahyan. Infine, lo scorso 24 marzo, una fonte del ministero degli Esteri saudita ha confermato che il Regno saudita ha avviato consultazioni per il ripristino dei servizi consolari con la Siria, primo passo per una futura riapertura delle rispettive ambasciate.
Particolare significato ha poi avuto la visita del ministro degli Esteri siriano, Faisal Miqdad, in Egitto, la prima di un funzionario egiziano dal 2011
Anche la Tunisia ha recentemente espresso la volontà di ripristinare le relazioni diplomatiche con la Siria, con il presidente Kais Saied che ha disposto l’avvio delle procedure per la nomina di un nuovo ambasciatore a Damasco, dopo l’interruzione delle relazioni bilaterali dal 2012.
Gli Emirati Arabi Uniti, Paese che da tempo sta tentando di ripristinare rapporti diplomatici con la Siria (nel marzo dello scorso anno Assad si è recato in visita ad Abu Dhabi in quella che è stata la prima visita in un Paese arabo dal 2011), hanno stanziato finanziamenti per assistere la popolazione siriana colpita dal terremoto del 6 febbraio, nel quadro dell’operazione Gallant Knight 2. Anche il Qatar e la stessa Arabia Saudita, avevano ordinato la creazione di ponti aerei per l’invio di aiuti. Il vero passo avanti rimane però il riavvicinamento fra Riyadh e Teheran, ma anche il Libano potrebbe essere positivamente influenzato dagli esiti dell’accordo, in particolare per le prossime elezioni presidenziali, dal momento che il Paese dei Cedri non ha un capo di stato dall’ottobre 2022. Da non dimenticare la forte influenza positiva di Hezbollah, che ha ben noti legami sia con la Siria che con l’Iran. Sebbene l’accordo sia stato accolto con favore nella regione, con l’eccezione di Israele, molto dipenderà ovviamente dagli sforzi per facilitare l’allentamento delle tensioni nei prossimi mesi, periodo preparatorio per la riapertura delle missioni diplomatiche.
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