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L’Italia è pronta per riconoscere lo Stato di Palestina?

Roberto Roggero* - Qualcosa si sta muovendo, forse la presentazione del Disegno Di Legge per il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina sta veramente muovendo le acque, perché un fatto è certo: non è più possibile continuare a tenere il piede in due scarpe (arte diplomatica tutta italiana e tutta fallimentare, come la storia insegna), vista la situazione internazionale, con particolare riferimento a Gaza, Cisgiordania, Ucraina e Sudan.

La popolazione palestinese ha subito oltre 40mila morti, decine di migliaia sono bambini, feriti e dispersi non si contano, vi è il pericolo reale della diffusione di epidemie, e molto altro.

Ci sono stati pronunciamenti della Corte Penale internazionale, della Corte di Giustizia Internazionale, dell’Onu, ma nonostante tutto questo, la follia genocida di Israele continua ad accanirsi impunemente. La ambigua (ma non più di tanto) diplomazia del doppio standard si è rivelata una scelta troppo dannosa: se nei confronti della Russia, la comunità internazionale ha agito in funzione di tutti questi meccanismi di giustizia internazionale, nei confronti di Israele che sta uccidendo sistematicamente civili, e sulla cui azione ci sono pronunciamenti degli organi giurisdizionali, non succede niente. Lo ha evidenziato la deputata PD Laura Boldrini, in occasione della conferenza stampa organizzata dall'Intergruppo Parlamentare per la Pace Palestina-Israele, con AOi, Arci, Assopace Palestina e Amnesty International. Il continuo finto attendismo è un’offesa per l’intero Occidente, che se continuerà costerà moltissimo. Milioni di persone, non certo solo in Italia, non accettano questa ingiustizia. E’ soprattutto vergognoso prendere parte a programmi di sostegno da una parte, e dall’altra continuare con l’invio di armamenti a Israele e l’applicazione di sanzioni secondo due pesi e due misure, come si sta facendo contro la Russia e non solo. Con il blocco dell’invio di armamenti, è poi necessario riconsiderare e soprattutto applicare l'accordo di associazione UE-Israele, alla cui base c'è il rispetto dei diritti umani, concetto che oggi è decisamente non riferibile a Israele.

Come suggerito da diversi parlamentari, sarebbe dovere del ministro degli Esteri, on.Antonio Tajani, richiamare l’ambasciatore israeliano, S.E. Alon Bar, e quantomeno esprimere la disapprovazione e la protesta per i continui crimini che le forze di occupazione stanno commettendo nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, Siria, Libano, e non solo, oltre alle violazioni della sovranità nazionale di altri Paesi.

L’interrogazione parlamentare rivolta al governo dall’opposizione, comprende anche la motivazione della mancata sospensione delle licenze per le spedizioni di armamenti verso Israele, secondo quanto ufficialmente richiesto dal Consiglio dei Diritti Umani Onu, il che richiama anche la domanda di sospensione dell’Accordo Eni-Israele, che consente lo sfruttamento delle riserve off-shore di gas naturale formalmente appartenenti alla Palestina. Certamente un campo minato, dove dominano interesso a innumerevoli zeri. Ecco una delle risposte alla classica domanda “cui prodest?”, che soddisfa anche le motivazioni su perché, a parole si continua a incoraggiare la popolazione palestinese prendendo parte a Food for Gaza, ma nei fatti il governo italiano continui a sostenere (politicamente e militarmente) il governo di occupazione di estrema destra presieduto da Benjamin Netanyahu, sul quale gravano accuse di corruzione ed è stato chiesto formale mandato di arresto internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità.

Israele sta cercando attraverso la guerra, come ha fatto nel 1948, nel 1967 e nel 2006, di conquistare porzioni di terra, e cacciare la popolazione palestinese per realizzare un grande quanto utopico disegno geopolitico, per altro mai nascosto, e per questo risulta delirante la malcelata indifferenza dell'Italia. A questo, si aggiunga la ostinazione di Netanyahu a continuare la propria guerra personale per non morire politicamente. Le sanzioni mirate vanno applicate a Israele, con un embargo su armi e carburante per i jet che bombardano Gaza, la Cisgiordania, Siria e Libano…ma le richieste di una udienza parlamentare per discutere questo aspetto è stata procrastinata allo stesso ministro Tajani, per altro senza esprimere commenti o motivazioni. Eppure esistono rapporti ufficiali sui crimini commessi dalle truppe israeliane, ma nessuno è stato ancora perseguito, sebbene la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) abbia riconosciuto la plausibilità del genocidio di Israele su Gaza.

Rimane un fato certo: fermare la crisi umanitaria a Gaza, così come quella politica in Israele, è un atto necessario per il futuro del popolo palestinese ma anche la stessa popolazione israeliana, che corre il rischio per la sua stessa esistenza.

(* Direttore responsabile Assadakah News)

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