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L’Inchiesta (2/4) - Gaza: verità e guerra all’informazione

Roberto Roggero - Dall'inizio del conflitto sono oltre 140 i giornalisti uccisi a Gaza, in maggior parte palestinesi, secondo i dati del Committee to Protect Journalists (CPJ). I giornalisti svolgono un ruolo essenziale, sono gli occhi e le orecchie per documentare ciò che sta accadendo. Ogni giornalista ucciso, ogni giornalista arrestato diminuisce significativamente la capacità di comprendere ciò che sta accadendo, e quello di Gaza è il peggior conflitto per i giornalisti che il Committee to Protect Journalists abbia mai documentato, perché la situazione peggiore ogni giorno.

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno detto alle agenzie di stampa che non potevano garantire la sicurezza dei giornalisti che operavano nella Striscia di Gaza, dopo che queste avevano chiesto garanzie che i loro giornalisti non sarebbero stati presi di mira dagli attacchi israeliani. I giornalisti a Gaza affrontano rischi particolarmente elevati nel tentativo di coprire il conflitto, tra cui devastanti attacchi aerei, comunicazioni interrotte, carenze di rifornimenti e interruzioni di corrente.

Il CPJ ha stanziato 300mila dollari per i giornalisti palestinesi, erogati attraverso organizzazioni locali e regionali, in particolare il Sindacato Giornalisti Palestinesi (PJS), l'Arab Reporters for Investigative Journalism (ARIJ) e l'ONG palestinese Filastiniyat, che forniscono assistenza e garantiscono sostituzione o riparazioni delle attrezzature, cibo e forniture mediche necessarie, per quanto possibile.

Un prezzo pesante per chi sta cercando di documentare e raccontare il drammatico conflitto a Gaza. Più di un giornalista al giorno, stando solo alle segnalazioni raccolte dal CPJ: “I giornalisti sono civili che svolgono un lavoro importante in tempi di crisi e non devono essere presi di mira dalle parti in conflitto”, ha commentato Sherif Mansour, responsabile per il Medio Oriente e Nord Africa del CPJ. “I giornalisti di tutta la regione stanno facendo grandi sacrifici per coprire questo straziante conflitto. Tutte le parti devono prendere provvedimenti per garantire la loro sicurezza”.

Il contesto particolarmente ostile ha fatto sì che rimanessero sul posto solo fotografi e giornalisti freelance locali che cercano di supplire all’assenza di reporter di altri Paesi e lavorano anche per i media internazionali, affrontando enormi difficoltà.

Una immagine per tutte, la collega e amica Shireen Abu Akleh, deliberatamente colpita a morte dai tiratori scelti delle forze di occupazione israeliane. Un assassinio rimasto, come per molti altri, e come per l'intera popolazione palestinese, senza giustizia.

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