Lelio Antonio Deganutti (Assadakha News) -
La giornalista Letizia Leonardi, è un’esperta della storia e della cultura armena. Proprio per essersi prodigata nell’amicizia e cooperazione tra l’Italia e l’Armenia ha recentemente ricevuto dal presidente armeno, Vahagn Khachaturyan, un’importantissima medaglia di gratitudine. Raffinata traduttrice di opere letterarie armene (basti pensare a Mayrig di Henri Verneul o Nella Notte di Inga Nalbandyan, con prefazione dell'attrice Laura Efrikian) e autrice di Destino Imperfetto, scritto con il protagonista della storia Kevork Orfalian, figlio della diaspora armena e Yeghishe Charents - Vita inquieta di un poeta con la prefazione del notissimo cineasta Carolo Verdone, rilascia un’intervista esclusiva per Assadakah anche per ricordare l’anniversario del genocidio armeno (24 aprile )
Dottoressa Leonardi, lei giornalista professionista da lungo tempo. Negli anni si è avvicinata al mondo Armeno. Semplice curiosità oppure un amore cresciuto con gli anni?
Il mio impegno per l’Armenia e per questo popolo martoriato sono maturati per una semplice coincidenza, quasi un segno del destino. Era un primo pomeriggio estivo del 2006 e, accendendo la televisione, ho visto che su Rai 1 stava iniziando un film. Era Mayrig di Henri Verneuil, con Claudia Cardinale e Omar Sharif. La storia vera del regista francese di origine armena che ha voluto raccontare, prima in un romanzo autobiografico e poi con un film in due parti, la storia della sua infanzia in una famiglia di migranti che, per scampare al genocidio armeno, avvenuto durante la prima guerra mondiale, è stata costretta a emigrare a Marsiglia. Un bellissimo film che non è mai uscito nelle sale cinematografiche italiane, per non dispiacere la Turchia, ma che viene di tanto in tanto trasmesso dalla Rai in orari di minore ascolto. Sono rimasta colpita da questa immane tragedia che è avvenuta nel totale silenzio della comunità internazionale e ho deciso che avrei dovuto fare qualcosa per far conoscere la storia di questo martoriato popolo.
Nel 2022 ha pubblicato " Yeghishe Charents- vita inquieta di un poeta" la prima biografia in italiano di uno dei più grandi letterati armeni con la prefazione dell’attore Carlo Verdone. Ce ne vuole parlare?
La mia conoscenza dell’esistenza di questo grande letterato dell’Armenia sovietica è avvenuta, ancora una volta, per una occasione fortuita. Era il 2016 e avevo pubblicato da un anno la traduzione in lingua italiana del libro Mayrig di Henri Verneuil (vero nome Achot Malakian). Grazie al successo di questa pubblicazione, molto conosciuta e amata dagli armeni in Italia, sono stata invitata a Yerevan a fare da madrina all’inaugurazione, nel Gran Hotel Yerevan, della stanza dove Yeghishe Charents ha vissuto dal 1927 al 1935. Grazie a questo importante evento, che ha visto la partecipazione anche di numerose autorità cittadine, ho potuto conoscere la tragica esistenza di questo grande autore che, nella sua breve vita, ha conosciuto tutti gli orrori del mondo: dal genocidio alle purghe staliniane, delle quali anche lui è stato vittima. In lingua italiana non c’era alcuna biografia di Yeghishe Charents e allora, amando le sfide, ho deciso di colmare questa lacuna. L’unico testo, con delle poesie tradotte di questo autore, è stato “Odi Armene” pubblicato nel 2007 per opera del professore e critico letterario Mario Verdone. Poiché ho inserito alcune delle sue poesie tradotte ho chiesto al figlio, noto cineasta Carlo Verdone di scrivermi la prefazione e lui, amico degli armeni, con molta disponibilità e gentilezza ha accettato.
Il 24 aprile sarà la data di ricorrenza di uno dei genocidi più brutali della storia, quello armeno. Ha avuto modo di leggere le testimonianze alla fonte? Gliene è rimasta qualcuna impressa?
Nel corso di tutti questi anni, che mi sono occupata della causa armena, ho conosciuto molti armeni della diaspora che mi hanno raccontato storie agghiaccianti riportate dai sopravvissuti al terribile massacro. Una tra tutte quella di Satenig Gugiukian che mi ha raccontato la storia di suo padre. Nel 1915 era nella sua bella casa con tutta la famiglia riunita in attesa della cena. Improvvisamente sono entrati i soldati turchi che hanno sterminato quasi tutta la famiglia. Lui e sua madre sono stati deportati nel deserto. La madre purtroppo non ha retto a quella lunga marcia della morte e il bambino, di soli sette anni, si è salvato nascondendosi, di giorno, sotto i cadaveri e, di notte cercava di sfamarsi con delle bacche e per lenire l’arsura era costretto a bere urina di cavallo mista ad acqua e fango.
L'Armenia, primo Stato della storia a convertirsi al Cristianesimo sembra, nel corso della sua storia, essere stato davvero al centro di molte vicissitudini. Basti pensare all’ultimo conflitto contro l ' Azerbaigian. Gli attriti sono ancora in corso?
Purtroppo il regime azero non intende fermarsi nella sua politica violenta ed espansionista. Il presidente azero Aliyev è riuscito a prendersi l’Artsakh (Nagorno Karabakh), la piccola enclave armena nel territorio dell’Azerbaijan, nella totale indifferenza del mondo. Ora punta al territorio sovrano della Repubblica d’Armenia. Ormai è chiaro che l’Azerbaijan e la Turchia mirino a ricostituire l’impero ottomano e l’Armenia deve sparire. L’Occidente non si sta rendendo conto che, facendo affari con dittature sanguinarie, arricchiscono regimi che si dotano di armi di ultima generazione che vengono usate per espandere il loro ambito di potere.
La musica armena è un unicum. Basti pensare a jivan Gasparyan. Atmosfere melanconiche, dolci che non si trovano altrove. Sarebbe interessante farla scoprire ai nostri ascoltatori, non trova?
Certamente! L’Armenia è una nazione antichissima con musiche e canti delicati e struggenti. Gli armeni amano l’Italia. Tra i due Paesi ci sono legami storici e grandi affinità. Basti pensare che all’Università Statale di Yerevan c’è il corso di italianistica, molti armeni parlano correttamente la lingua italiana, mi sembra quindi opportuno che anche in Italia si cominci a conoscere la letteratura, la cultura e quindi anche la musica armena. Sarebbe interessante far conoscere al pubblico italiano la musica tradizionale di questo antichissimo Paese e i particolari strumenti come il noto flauto duduk, suonato da artisti come Jivan Gasparyan, rappresentanti della suggestiva musica folkloristica armena.
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