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Editoriale - Uno Stato di polizia in nome della sicurezza?

Roberto Roggero* - Il momento non poteva essere più favorevole, per dare impulso al progetto politico ispirato dall’ideologia della premier Giorgia Meloni e del ministro Matteo Salvini, per accentrare i poteri di gestione dello Stato e creare un vero e proprio stato di polizia, partendo dall’annullamento graduale ma costante delle libertà fondamentali, per cercare di dare una immagine di credibilità sia dal punto di vista nazionale che internazionale.

Il tema della sicurezza quindi, si presta perfettamente, come è abitudine di una certa parte politica che non ha argomenti da proporre e quindi specula su dubbi e paure senza però offrire soluzioni adatte, distraendo l’attenzione dalla incapacità di affrontare i problemi che necessitano di una soluzione concreta e immediata, dalla ricerca scientifica, all’istruzione, alla questione energetica, alle pensioni e alla disoccupazione endemica, alla quotidianità delle famiglie, alla presenza sulla scena politica internazionale, sul mercato degli armamenti.

In realtà, dare sicurezza ai cittadini dovrebbe significare, innanzitutto, serenità per chi vive una condizione di precarietà data dai bassi salari (i più bassi d’Europa per i cittadini e fra i più alti per i parlamentari) e da un futuro lavorativo incerto, oppure garantire le prestazioni sanitarie in tempi certi, senza dover pagare istituti privati o rinunciare a curarsi.

Argomenti sui quali il governo Meloni non ha risposte, non vuole regolarizzare il salario minimo, o aumentare il rapporto Pil-spesa sanitaria, o assumere personale.

Non si può negare che il tema della sicurezza sia comunque importante, questo è un fatto certo, ma anche su questo, nulla più che alimentare paure, per ottenere facile consenso. Stranamente, nonostante lo sbandieramento di provvedimenti legislativi, i reati in Italia sono in aumento, secondo le più recenti statistiche.

Il recente Disegno di Legge “Sicurezza”, approvato alla Camera, non offre soluzioni ma introduce 20 nuovi reati penali, la cui unica finalità è quella di fare propaganda, illudendo i cittadini che, aumentando le pene per chi occupa abusivamente una casa (reato già punibile), oppure aprendo le porte delle carceri alle donne incinte o con figli piccoli, si risolva qualcosa. La paura alimentata come deterrente per spaventare chi compie reati, considerando il carcere come ideale e unica soluzione.

Oggi in Italia non esiste prevenzione, non si investe per favorire le forze dell’ordine, e soprattutto non si considerano le conseguenze che queste scelte avranno sul sistema giuridico. Così non risolve nulla, anzi…e approfittando della Costituzione, si tentano operazioni tipiche delle peggiori gestioni amministrative per uno Stato che si definisce democratico: si colpiscono i diritti fondamentali in nome di una maggiore sicurezza, a cominciare dal reprimere il sacrosanto diritto di manifestare il proprio dissenso. Punire con il carcere chi manifesta pacificamente, chi protesta contro le inutili grandi opere pubbliche, fino a minacciare di aumentare a 20 anni di carcere la pena di chi è già in detenzione, in caso protesti pacificamente. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la sicurezza o la protezione dei cittadini, ma serve solo a spaventare chi esprime dissenso.

Con il presente editoriale, è stato chiaramente espresso il diritto di dissenso sulle scelte dell'amministrazione statale... Viva la democrazia.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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