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Immagine del redattoreroberto roggero

Italia-Libia – Una nuova strategia comune

Assadakah Roma – A seguito della visita ufficiale del premier libico Dbeibeh, il governo italiano ha deciso di emanare un nuovo provvedimento in materia di Economia, per nuovi stanziamenti nella partecipazione italiana alle missioni internazionali, e in questo la Libia occupa un ruolo predominante. Attuamente, infatti, la cooperazione bilaterale rimane ancora basata sul Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione” firmato a Bengasi nell'agosto 2008, dall'allora presidente del Consiglio Berlusconi e dal dittatore Muhammar Gheddafi, e che stabiliva la lotta all'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani come priorità, tenendo come riferimento i Protocolli del dicembre 2007 firmati a Tripoli dal governo Prodi.

Con il secondo dei protocolli, quello tecnico-operativo, i vari governi che si sono succeduti, senza soluzione di continuità, hanno finanziato le attività di formazione della Guardia Costiera Libica, oltre alla cessione a titolo gratuito di unità militari italiane. Il tutto è poi stato unificato nel “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo del contrasto all’immigrazione illegale e al traffico di esseri umani” del febbraio 2017 (ratificato nel 2020 ma mai preso in esame dal Parlamento italiano) e dal D.L. 84/2018 che definiva la cessione a titolo gratuito di 12 unità navali e le attività di addestramento e formazione della Guardia Costiera Libica.

Però, gli accordi del 2008 facevano riferimento anche a un documento in materia di rispetto della legalità internazionale, diritti umani e libertà fondamentali. In particolare, l’articolo 1 del Trattato di amicizia con la Libia prevede che “Le Parti si impegnano ad adempiere in buona fede agli obblighi da esse sottoscritti, sia quelli derivanti dai principi e dalle norme del Diritto Internazionale universalmente riconosciuti, sia quelli inerenti al rispetto dell’Ordinamento Internazionale”. Il successivo articolo 6, significativamente dedicato al “Rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali” stabilisce che “Le Parti, di comune accordo, agiscono conformemente alle rispettive legislazioni, agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.

Queste solenni dichiarazioni sono di fatto rimaste inattuate e tutti i governi italiani si sono premurati solamente di prendere in considerazione gli aspetti securitari, senza preoccuparsi della tutela dei diritti umani, puntando solo a obiettivi utili nell’immediato per raccogliere consenso.

È ormai chiaro a tutti che gli accordi con i libici comportano la vergognosa accettazione da parte italiana, ed europea, dei centri illegali di detenzione, degli abusi, delle torture fisiche e psicologiche che continuano a colpire migliaia di persone, oltre che delle ripetute morti in mare. Nulla è mai stato fatto per contrastare il cinico comportamento della sedicente “Guardia Costiera libica”, la quale, tra l’altro, ha anche sparato (con i mezzi donati dall’Italia) contro imbarcazioni e pescatori italiani in zona di mare internazionale, come garantito dalle Convenzioni e dagli usi.

Il Memorandum del 2017, come detto, è stato rinnovato nel 2020 senza modifiche e senza alcun vero approfondimento per quel che riguardava i diritti umani. Si stanno ancora aspettando, infatti, le modifiche annunciate dal governo Conte 2 e mai realizzate. Resta, invece, costante il “guardare altrove” dei governi italiani e di quelli europei, che pure hanno Carte costituzionali basate sulla centralità e dignità della persona umana, sui diritti inviolabili, sul valore della vita, sulla giustizia, sulla solidarietà.

Un atteggiamento che si evidenzia anche nella missione europea “Irini”, che si è ritirata lontano dalla zona di mare più pericolosa del mondo, in modo, a quanto sembra, di consentire ai libici di operare con comodo, mentre le strutture operative di Frontex osservano ma non intervengono per salvare i naufraghi abbandonati in mare al naufragio o alle crudeltà della cosiddetta “Guardia Costiera libica” complice dei criminali che gestiscono i lager nei quali sono trattenuti i migranti.

Di questa strategia fa, evidentemente, parte anche la gestione amministrativa italiana che, con pretesti sempre più risibili, attua fermi amministrativi per le navi delle ONG che effettuano salvataggi in mare, utilizzando ora anche gli strumenti messi a disposizione dall’emergenza dovuta al Covid (con ingiustificate quarantene alle quali vengono sottoposti solo i membri degli equipaggi delle unità umanitarie appartenenti alle ONG).

Non rassicura certo quello che afferma il Ministero dell’Interno quando, rispondendo, appunto, alle ONG che chiedono il ripristino di un meccanismo di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, ha affermato che è particolarmente importante l’opera che stanno compiendo Unhcr e Organizzazione dei migranti in Libia (Oim), per il rispetto dei diritti umani nei centri allestiti nel Paese nordafricano. Sono proprio le agenzie citate dal Viminale a rispondere: “Non abbiamo nessuna possibilità di cambiare la situazione rispetto ai diritti umani”.

Contrariamente alla narrazione ufficiale, alle due agenzie è impedito di fare granché. Il nostro intervento è di assistenza pratica. Circa 5000 persone sono attualmente detenute in 28 siti ufficiali, in condizioni disastrose. Nulla è cambiato nella gestione di queste strutture mentre gli operatori ONU attualmente hanno scarso o nessun accesso a questi centri e sono solo in grado - aggiunge la fonte - di monitorare la situazione o fornire assistenza. Perché sia chiara la posizione, dalle agenzie ONU esse ribadiscono l’appello affinché le autorità competenti garantiscano il rilascio ordinato di tutta la popolazione detenuta e il libero accesso ai centri di detenzione.

Dunque, l’ottimismo del Ministero è del tutto ingiustificato mentre non è la prima volta che i funzionari delle Nazioni Unite sono costretti a smentire le avventate affermazioni italiane e UE. Per esempio, il 10 maggio 2021, sia il capo della missione Oim sia l’alto commissario per i rifugiati Filippo Grandi, avevano dovuto spiegare come davvero stanno le cose, ricordando, tra l’altro, che i migranti vengono soccorsi e poi rimandati in un sistema che abusa delle persone, e questo per opera della cosiddetta Guardia Costiera libica.

Inoltre, finalmente, UNHCR ha preso posizione esplicita contro l’esternalizzazione del controllo dei flussi migratori. Il 28 maggio, infatti, l’agenzia ONU ha tra l’altro affermato, in un comunicato che accompagna un documento della stessa Unhcr: ”È ironico che, mentre celebriamo il 70° anniversario della Convenzione sui rifugiati, si stiano tentando di indebolirne i principi e lo spirito. Invece, la priorità deve essere quella di trovare modi più efficaci per garantire il diritto universale di chiedere asilo e altri diritti previsti dal diritto internazionale dei rifugiati. I tentativi di esternalizzazione in genere comportano il trasferimento forzato dei richiedenti asilo verso terzi spesso nazioni in cui le garanzie e le risorse dei diritti umani potrebbero non essere adeguate. Questo può portare al loro trattenimento indefinito in luoghi isolati o in condizioni punitive, con grave danno per il loro fisico e salute mentale. (...). I rifugiati non sono merci che possono essere scambiate dalle nazioni più ricche. Farlo è disumanizzante. L’esternalizzazione sfrutta sia le vulnerabilità delle nazioni in via di sviluppo sovraccaricate, sia quelle di rifugiati”.

Si tratta di una chiara presa di posizione proprio contro quella politica di esternalizzazione che Ue ed Italia stanno attuando con totale disprezzo dei diritti umani.

Dunque, è del tutto chiaro che non si può immaginare di fare una specie di “copia incolla” di quanto votato dal Parlamento lo scorso anno. È, invece, necessario impostare una nuova cooperazione dell’Italia con il governo libico in carica per ciò che attiene la gestione dei flussi migratori, basata sul rispetto dei diritti fondamentali dei naufraghi, impedendo che i “salvataggi” messi in atto dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica restino ciò che sono oggi: vere e proprie cacce ai naufraghi, riportati di forza in Libia. Questa impostazione nuova avrebbe anche l’effetto di supportare lo sviluppo sociale e la stabilizzazione democratica della Libia. Infine: il Parlamento deve essere libero di votare per le singole missioni internazionali, senza essere costretto ad un prendere o lasciare con un solo voto su situazioni totalmente differenti tra loro. Se così non fosse saremmo di fronte all’ennesima mortificazione delle Camere, chiamate a un ruolo di mera ratifica di decisioni prese altrove.

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