Talal Khrais – Sono state ben poche le notizie della stampa nazionale sull’incontro fra Papa Francesco e la delegazione palestinese, lo scorso 22 novembre.
Pochi hanno citato il discorso dell’ambasciatore palestinese presso la Santa Sede, S.E. Issam Kasisyeh, che vale la pena di riportare, insieme ad alcune testimonianze.
"Stavo guardando il telegiornale quando ho visto che avevano bombardato il campo profughi di Al-Shaty, dove sono nato e cresciuto. Ho chiamato i miei ma le telecomunicazioni erano interrotte. Quella notte non ho dormito. Al mattino ho iniziato a ricevere foto della mia casa, che era stata bombardata. Ci vivevano in 30, fra mia madre di 75 anni, le mie sorelle e fratelli e i loro figli, tutti morti in un istante. Erano persone con una vita, sogni e progetti. L'ultima volta che li ho sentiti ho capito che non avevano più da mangiare".
Queste le parole di Mohammed Halalo, originario di Gaza e oggi vive in Belgio, dove lavora come ingegnere informatico. È tra i dieci palestinesi ricevuti dal Santo Padre a Roma in un'udienza privata, per raccontare cosa sta subendo la popolazione nella Striscia di Gaza. Dal 7 ottobre oltre 14mila persone sono morte, ricorda Halalo, mentre più di 200 famiglie sono state completamente sterminate, e cancellate dai registri amministrativi".
“Tra le vittime tanti bambini: "Quando ho raccontato al Papa le sofferenze dei neonati il Papa ha pianto" dice Khadija Abay, un'altra testimone, che a Gaza ha perso nove familiari tra cui due bambini. Khadija racconta che chi ha lasciato il nord della Striscia per andare a sud "come ordinato da Israele" ha subito bombardamenti: "Israele indica le strade sicure, ma poi le bombarda; oppure sono piene di soldati che sparano, o arrestano e dividono le famiglie".
"Ai check point i soldati dicono alla gente che non potranno mai più tornare indietro nelle loro case" dice Youssef Al-Khouri un altro testimone. "Non stanno solo uccidendo, ma commettendo distruzioni di massa a Gaza: hanno bombardato tutto, palazzi, strade, ponti, scuole, ospedali, infrastrutture. La gente dove andrà?"
Shireen Awad, di Betlemme, che a Gaza ha perso due zii per mancanza di cure e racconta che un'altra zia ha atteso 18 ore i soccorsi benché in un raid avesse perso le gambe, denuncia che "la popolazione non ha più niente per il blocco imposto da Israele". Secondo Awad, Papa Francesco ne è al corrente e "sa che da due settimane si usa acqua salata, che mancano luce, cibo e medicine". Shireen continua: "Ci ha dato parole importanti che il mondo deve ascoltare: ha parlato di genocidio. Per noi è la speranza che qualcuno nel mondo ci ascolti. D'altronde nel suo viaggio nel 2014 al Muro del pianto condannò 'i muri dell'apartheid' e pregò affinché venissero abbattuti".
Quindi l'appello: "Basta chiamarlo conflitto. Non siamo in guerra con Israele. L'esercito non combatte contro un altro esercito ma attacca la popolazione". Awad conclude: "Non siamo qui per fare propaganda, ma per ricordare al mondo che gli esseri umani sono tutti uguali: palestinesi, israeliani, cristiani, ebrei, musulmani. Siamo fratelli. Per questo non si può accettare quello che sta accadendo".
L’Ambasciatore Issa Kasisiyeh ha a sua volta dichiarato: “La Striscia di Gaza sta diventando un cimitero non solo per i bambini, ma per tutti i gazawi. Questo é l'inferno. Il nostro messaggio è che ne abbiamo abbastanza. Non vogliamo che i nostri figli vivano l'occupazione, mio padre l'ha vissuta. L'occupazione si deve fermare", ha aggiunto l'ambasciatore palestinese. "Il 26 giugno 2015 la Santa sede ha riconosciuto lo Stato di Palestina. Mahmoud Abbas (presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese) ha ripetutamente detto che lo status quo non è sostenibile", ha detto l’ambasciatore Kasisiyeh, sottolineando che "questa è un'opportunità unica che il Santo padre ci ha dato per diffondere le storie di queste famiglie". Nel suo intervento, il diplomatico ha sottolineato l'importanza di "ascoltare le voci delle famiglie palestinesi che stanno soffrendo a Gaza e in Cisgiordania. Tutta la Palestina è sotto attacco". In riferimento all'incontro avuto con il pontefice, l’ambasciatore ha riferito che "il Papa sta pregando per le immense sofferenze della Terra santa. E' stato uno dei primi a chiedere il cessate fuoco e assistenza umanitaria a Gaza. Il Papa ha detto che questa non è una guerra, è terrorismo".
Youssef Al-Khouri ha poi portato la propria testimonianza: “Il cessate il fuoco non basta, neanche la tregua umanitaria raggiunta, perché di fatto mantiene lo status quo, e il genocidio potrà riprendere quando vorranno. Dal 1947, persino palestinesi forzati da Israele a fuggire in Libano sono stati poi massacrati nei campi di Sabra e Shatila. L'eccidio continua. Ma ogni vita è preziosa e nessuno dovrebbe dimenticarlo. Serve autodeterminazione e libertà. Per favore,siate messaggeri di pace e giustizia. La meritiamo. Da 47 giorni Gaza vive l'inferno in terra a causa del più forte e meglio equipaggiato esercito del mondo, quello israeliano, che sta commettendo un genocidio" ha detto Al-Khouri.
"Oltre due milioni di persone sono intrappolate e demonizzate non solo da certi governi ma anche da media". Il testimone ha continuato citando "accademici tra cui Barouk Kimberley, che affermano che Gaza da anni è un campo di concentramento". Al-Khouri ha aggiunto: "Il 68% dei civili uccisi ora sono donne e bambini. Molti tra i 18 cristiani uccisi nel bombardamento della chiesa ortodossa di San Porfirio erano miei amici di infanzia".
Comments