Talal Khrais (National News Agency – NNA Roma) – Il settore turistico in Italia, a causa dell’epidemia Covid 19 e della chiusura totale, sta attraversando un periodo molto difficile. Una situazione che il Paese non vedeva dal secondo dopoguerra. Il numero di turisti è diminuito del 90% e oltre il 70% di ristoranti e hotel e strutture alberghiere potrebbero non riaprire più, scivolando nella bancarotta. Da giorni l’Italia è testimone di tensioni e proteste di commercianti, ristoratori e venditori ambulanti che sono scesi in piazza in diverse città per manifestare contro le restrizioni governative dovute all’emergenza sanitaria. In alcune grandi città ci sono stati anche scontri fra dimostranti e forze di polizia.
Le città turistiche stanno soffrendo di una crisi soffocante che minaccia di far fallire non pochi progetti. I sindaci di città come Venezia stanno cercando di far tornare i turisti il prima possibile, ma circa centomila aziende del settore stanno scivolando inesorabilmente verso il fallimento, mettendo in pericolo, anzi, prospettando la perdita di coltre 440mila posti di lavoro.
I libanesi che hanno attività commerciali anche di notevole prestigio, nella capitale, non sono certo immuni dalla crisi, piuttosto ne stanno vivendo due, come dichiara all’Agenzia Nazionale dell’Informazione il titolare del ben noto ristorante “Mandolin”, Barakat Barakat: “La crisi degli imprenditori supera tutte le crisi. Tuttavia è possibile beneficiare dell’assistenza fornita dai centri sociali dei comuni, poiché lo Stato fornisce loro ingenti somme per aiutarli, indipendentemente dalla loro nazionalità”.
Tuttavia, gli stakeholder come ristoranti, commercianti e venditori di auto non solo soffrono di tagli al reddito, ma accumulano debiti che li portano al fallimento, come ha spiegato Najat Sorour, proprietaria del ristorante “Al Arz”(Il Cedro), costretta a chiudere qualche tempo fa, per evitare di accumulare debiti. “Ho tre figli che lavoravano nel settore turistico e il loro lavoro si è fermato completamente. La situazione è molto difficile. Ho impegni presi in Libano e obblighi nei confronti dei miei bambini in Italia, Dio solo sa come si risolverà la crisi Il nostro problema è duplice, perché dobbiamo un’attività in crisi in Italia e dobbiamo sostenere altre spese in Libano”.
In un’intervista all’Agenzia Nazionale, lo chef pasticciere di Roma, Issam Sarrouh, esprime il suo ottimismo, nonostante le difficoltà che i libanesi stanno affrontando: “È un nuovo inizio, non una fine. È vero che i libanesi in Italia sono in uno stato di grande preoccupazione, dallo scoppio della pandemia, ma sono più preoccupati per la loro patria”.
Quanto a Walid Abboud, proprietario del ristorante “Beirut”, ha confessato al giornalista e amico Talal Khrais: “Il volume d’affari del ristorante è sceso del 90%, per contro si devono pagare imposte che superano i 5.000 euro al mese. Il ristorante non può fare affidamento sull’asporto o la consegna a domicilio, perché chi vuole il cibo libanese non desidera solo mangiare ma anche godersi il mezzé (Antipasto Libanese) e ascoltare la musica tradizionale, insomma, in una atmosfera che renda gradevole anche e soprattutto le specialità tipiche”. Walid ha spiegato inoltre che il suo ristorante potrebbe chiudere definitivamente, se la situazione non dovesse migliorare. Ha concluso: “Ho un reddito in Libano da un edificio abitato da inquilini, ma gli affitti non valgono più niente”. (traduzione Letizie Leonardi)
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