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Italia, Iran, USA- Roma crocevia della diplomazia, secondo round di negoziati sul nucleare iraniano



La delegazione iraniana a Roma
La delegazione iraniana a Roma


Maddalena Celano (Assadakah News) - Si apre oggi, sabato 19 aprile, a Roma, la seconda tornata di negoziati tra Iran e Stati Uniti sul programma nucleare iraniano. Il primo round si era svolto una settimana fa a Muscat, in Oman, che continua a svolgere il ruolo di mediatore nel delicato confronto diplomatico. È stato proprio il governo omanita a proporre la capitale italiana come sede per questo nuovo incontro, proposta accettata da entrambe le delegazioni. La delegazione iraniana è arrivata nella notte, guidata dal ministro degli Esteri Abbas Araghchi. A rappresentare gli Stati Uniti, invece, c’è l’inviato per il Medio Oriente Steve Witkoff.

Washington chiede a Teheran di interrompere la produzione di uranio arricchito a livelli elevati, temendo che possa essere usato per costruire un’arma atomica. Il presidente Donald Trump ha ribadito l’intenzione di impedire all’Iran di ottenere l’arma nucleare. Dal canto suo, l’Iran insiste sul carattere esclusivamente pacifico del proprio programma e chiede la revoca delle sanzioni statunitensi, assieme a garanzie concrete per evitare un nuovo ritiro unilaterale americano, come avvenuto nel 2018.

Teheran si mostra aperta a negoziare limiti tecnici, ma respinge ogni richiesta di smantellamento delle centrifughe, interruzione dell’arricchimento o discussione del programma missilistico. Il presidente Trump ha minacciato azioni militari in caso di fallimento della diplomazia, mentre Israele – secondo quanto riportato da Reuters – non ha escluso un attacco diretto agli impianti nucleari iraniani: Netanyahu resta contrario a ogni intesa che non preveda lo smantellamento completo del programma nucleare di Teheran.

Ali Shamkhani, consigliere della Guida Suprema Ali Khamenei, ha precisato su X che l’Iran «non è venuto per arrendersi, ma per raggiungere un accordo equilibrato», elencando i nove principi fondamentali che guideranno la posizione iraniana: serietà nei negoziati, fornitura di garanzie, revoca delle sanzioni, rigetto del modello Libia/Emirati Arabi Uniti, prevenzione delle minacce, accelerazione del dialogo, contrasto ai sabotatori (come Israele), e promozione degli investimenti.

Il portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, ha difeso la legittimità del programma nucleare iraniano nell’ambito del Trattato di non proliferazione (Tnp), sottolineando come Teheran abbia sempre agito «con buona fede e senso di responsabilità». Tuttavia, a partire dal 2019, dopo il ritiro degli Stati Uniti dal Jcpoa, l’Iran ha oltrepassato i limiti imposti dall’accordo del 2015 su arricchimento dell’uranio, stoccaggio e utilizzo delle centrifughe, sollevando crescenti dubbi sulla natura esclusivamente pacifica del suo programma. Roma si conferma, ancora una volta, palcoscenico cruciale della diplomazia internazionale. Oggi, nella capitale italiana, prende il via il secondo round di negoziati tra gli Stati Uniti e l’Iran sul programma nucleare di Teheran. Dopo il primo incontro, avvenuto una settimana fa a Muscat, in Oman, le delegazioni tornano a confrontarsi, questa volta in territorio europeo, con l’Italia nel delicato ruolo di Paese ospite.

La scelta di Roma non è casuale. Sebbene la mediazione ufficiale sia affidata all’Oman — che da anni gioca un ruolo discreto ma influente nei dialoghi tra le due sponde del Golfo Persico — l’Italia ha saputo proporsi come interlocutore credibile e neutrale. Una mossa che rafforza il suo posizionamento nella scacchiera geopolitica, in un momento storico segnato da profondi mutamenti nei rapporti tra Occidente e Medio Oriente.




Il Ministro degli Esteri dell' Oman Badr Albusaidi
Il Ministro degli Esteri dell' Oman Badr Albusaidi


Le delegazioni presenti a Roma sono di alto profilo. Per la Repubblica Islamica dell’Iran guida la trattativa il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, figura esperta della diplomazia iraniana e già negoziatore del celebre accordo sul nucleare del 2015 (JCPOA). Gli Stati Uniti, invece, sono rappresentati da Steve Witkoff, imprenditore immobiliare nominato da Donald Trump come inviato speciale per il Medio Oriente, con un mandato che abbraccia anche Russia e Ucraina, nonostante la sua estraneità al mondo diplomatico prima della nomina. Accanto a loro, il ministro degli Esteri dell’Oman, Badr Albusaidi, nel ruolo di mediatore.

La presenza di Witkoff ha sollevato non pochi dubbi, soprattutto per la sua inesperienza diplomatica. Tuttavia, la sua figura appare funzionale all’approccio non convenzionale che gli Stati Uniti, almeno in alcune fasi della loro recente politica estera, hanno adottato nella gestione dei dossier più complessi. Resta da vedere se la sua presenza saprà trasformarsi in un canale di dialogo efficace o se rischierà di compromettere la delicatezza del processo.

L’incontro di Roma arriva dopo alcune incertezze. Solo pochi giorni fa, fonti iraniane avevano dichiarato che il prossimo round si sarebbe tenuto nuovamente in Iran, giudicando la presenza nella capitale italiana del vicepresidente statunitense JD Vance un possibile "sgarbo" diplomatico. Ma, evidentemente, rassicurazioni fornite dalla Farnesina hanno convinto Teheran a tornare sui propri passi, dando il via libera alla sede romana. Segno, questo, del ruolo attivo giocato dal governo italiano, e in particolare dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, il quale – secondo quanto riportato da Adnkronos – dovrebbe incontrare separatamente tutti e tre i protagonisti del summit.

Dal punto di vista italiano, l’evento rappresenta un’occasione preziosa. Ospitare negoziati di tale rilevanza permette all’Italia di riaffermare la propria centralità in ambito internazionale, confermandosi come ponte tra culture e potenze geopolitiche in conflitto. In un contesto globale sempre più instabile – tra crisi mediorientali, guerra in Ucraina, tensioni nel Mar Rosso e sfide energetiche – il rilancio del dialogo sul nucleare iraniano assume un significato strategico per tutti gli attori coinvolti.

Al momento, non è dato sapere quali saranno gli esiti concreti del summit romano. Tuttavia, il solo fatto che Iran e Stati Uniti abbiano deciso di tornare a parlarsi, anche se informalmente, rappresenta un segnale importante. Un piccolo spiraglio, forse, verso la ricostruzione di un accordo sul nucleare, o almeno verso una riduzione delle tensioni che da troppo tempo infiammano il Medio Oriente.

Roma, intanto, osserva e ascolta. Con la speranza, più che con la certezza, che dalla diplomazia possano nascere nuovi equilibri e un barlume di pace.




A sinistra Abbas Araghchi, Ministro degli esteri della Repubblica Islamica dell' Iran, a destra Antonio Tajani, Vicepresidente  del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.
A sinistra Abbas Araghchi, Ministro degli esteri della Repubblica Islamica dell' Iran, a destra Antonio Tajani, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.




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