Letizia Leonardi (Assadakah News Agency) - Dopo la fine della guerra fredda, la caduta del muro di Berlino, la costituzione dell’Unione Europea, ci avevano detto che non avremmo più avuto guerre e ci abbiamo tutti creduto. Le guerre invece ci sono state eccome e forse più feroci e più ingiuste di prima ma erano lontane e non le abbiamo considerate. Nel frattempo, diciamolo pure, l’Occidente, con Usa in testa, ha continuato a provocare il resto del mondo con la presunzione di essere l'unico depositario della democrazia, della buona politica, delle vere libertà. Ma il civile Occidente le guerre le ha provocate, cavalcate e vigliaccamente abbandonate, come un bambino che si stanca del suo giocattolo di turno. Ma il giochino, a volte, sfugge di mano. E così, dopo aver pianificato la guerra russa-ucraina, averla alimentata, l’America e l’Europa hanno perso di vista l’importanza di un altro fronte: quello caucasico, quello orientale. Mentre proseguono le concentrazioni di truppe e di mezzi nella zona di Lachin, dove il noto corridoio è stato bloccato da pseudo ambientalisti azeri ormai da quattro mesi, si aggrava la crisi umanitaria per i 120 mila armeni che abitano in quel territorio, e che ha provocato anche diverse vittime per mancanza di medicinali e di cure per l’impossibilità di essere trasportati in ospedali armeni. I governi di Baku e Yerevan si rimpallano la responsabilità degli sconfinamenti, le istituzioni internazionali condannano l’Azerbaijan ma nessuno interviene con provvedimenti sanzionatori contro il dittatore azero. E a forza di ignorare gli aggressori si formano altri pericolosi fronti: è crescente la tensione tra Azerbaijan e Iran. L’Iran teme che la supremazia militare azera, forte dell’immobilità occidentale e del sostegno turco (altro Paese di fatto considerato intoccabile), convinca sempre più Baku a portare avanti con la forza il progetto del corridoio di Zangezur che unirebbe l’Azerbaijan e il Nakhchivan. L’Iran si troverebbe dunque privato del suo confine nord con l’Armenia, che è considerato strategico. Confine che, tra gli armeni del Karabakh e l'Iran, si è accorciato di 132 km a causa della disfatta armena con la guerra del 2020. L’Iran ha più volte ribadito che non intende tollerare ulteriori cambi di confine. Ecco perché la tensione fra Baku e Teheran è sempre più palpabile, soprattutto a seguito dell’avvicinamento tra l’Azerbaijan e Israele. Il 29 e 30 marzo il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov si è recato a Gerusalemme per inaugurare infatti, l’ambasciata azera in Israele. In occasione del loro incontro il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen ha dichiarato che: “Il ministro degli Esteri Bayramov ed io abbiamo concordato di formare un fronte unito contro l'Iran e di rafforzare la cooperazione bilaterale nei settori dell'economia, della sicurezza, dell'energia e dell'innovazione. A breve partirò per una visita ufficiale a Baku insieme ad una numerosa delegazione economica che rafforzerà ulteriormente i legami commerciali tra i due Paesi”. Ovviamente la reazione iraniana non si è fatta attendere. Mentre Bayramov era a Gerusalemme, il ministro degli Esteri Iraniano Hossein Amir-Abdollahian si è recato a Mosca per cercare di rinsaldare l’unione tra Russia, Iran e Azerbaijan, un auspicio che sembra abbastanza lontano, soprattutto dopo che il Comandante iraniano delle Forze di Terra, Kioumars Heydari, ha accusato il governo di Baku di ospitare forze “sioniste” e di aver utilizzato guerriglieri dell’ISIS contro gli armeni del Nagorno Karabakh durante la guerra dei 44 giorni. Il ministero della Difesa azero ha smentito e ha accusato l’Iran di aver stretto invece forti legami con l’Armenia durante i 30 anni che hanno seguito la guerra dei primi anni ’90. Oggi l’Armenia guarda con sospetto il ruolo della Russia e probabilmente, così stando le cose, potrà ricevere più sostegno dall’Iran, che ha anche accolto con favore la missione europea considerandola un fattore di stabilizzazione dei confini. A gettare benzina sul fuoco nei rapporti tra Iran e Azerbaijan si aggiungono anche i legami sempre più stretti tra il governo di Baku e Israele, che fornisce anche armi al dittatore azero. Ma i contrasti tra Teheran e Baku non sono recenti. Sono iniziati quando l’Azerbaijan, dal 12 settembre 2022, ha iniziato a far pagare dei dazi ai camion iraniani diretti nell’Armenia meridionale ma che attraversa alcune sezioni del territorio, internazionalmente riconosciuto come azero, ma di fatto controllato dalle forze armene sin dalla prima guerra tra i due Paesi avvenuta negli anni '90. Due conducenti di camion iraniani sono stati arrestati perché, secondo il Ministero degli Esteri azero, sarebbero entrati in Azerbaijan illegalmente. Il suo omologo iraniano ha chiesto l’immediato rilascio dei conducenti e, da quel momento, nonostante diversi incontri a livello diplomatico per risolvere la questione, il destino dei due iraniani non è ancora noto. C’è poi la questione delle esercitazioni militari condotte all’inizio di settembre da Azerbaijan, Pakistan e Turchia, ufficialmente fatte con l’intento di rafforzare i legami fra gli eserciti dei tre Paesi ma per l’ayatollah Ali Khamenei si è trattato invece di un pericoloso tentativo di lasciare isolato l’Iran dalle grandi manovre in corso nella regione. La Turchia ha infatti il secondo esercito più numeroso della Nato e il Pakistan è, nella regione, una potenza nucleare. Il loro avvicinamento all’Azerbaijan dunque, non può non destare preoccupazioni per l’Iran, ma anche per la stessa Russia. Se i legami fra Azerbaijan e Turchia hanno un retaggio storico e si basano sul concetto di una nazione unica, le relazioni fra Baku e Islamabad si sono intensificate molto in seguito al conflitto fra l’Azerbaijan e l’Armenia dell’autunno del 2020. L'avvicinamento fra Baku e Israele poi non fa che acuire le preoccupazioni iraniane.
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