Assadakah Baghdad - Mentre la Turchia firma con l’Iraq uno storico accordo di cooperazione per la sicurezza, i droni turchi bombardano le postazioni del Pkk nel nord Iraq dalle cime delle montagne al sottosuolo. L’accordo di cooperazione militare, firmato ad Ankara il 15 agosto, dovrà porre fine a uno dei principali punti di contesa tra i due vicini, ovvero quello della base militare turca nella città di Bashiqa, nel nord dell’Iraq.
Il Memorandum d’Intesa sulla cooperazione militare, di sicurezza e di antiterrorismo è stato firmato dopo due giorni di colloqui ad alto livello tra i ministri degli Esteri e della Difesa turco e iracheno, nonché dai capi delle rispettive intelligence. L’accordo prevede la cessione della base militare turca di Bashiqa al governo iracheno e la costruzione di un centro di coordinamento militare congiunto con sede in Iraq. La presenza militare turca nella base di Bashiqa, nei pressi della città di Mosul, nel nordovest dell’Iraq, era una delle questioni più controverse tra i due paesi. Il governo centrale iracheno denunciava da tempo che la presenza turca violava la sua sovranità e premeva affinché i militari turchi si ritirassero dall’area. La Turchia aveva creato la base di Bashiqa nel 2015 per addestrare le forze sunnite a combattere contro lo Stato islamico. Dopo la sconfitta dell’Isis, Ankara l’ha utilizzata nella sua campagna militare contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), con sede nelle montagne del nord Iraq.
La base di Bashiqa è la più grande delle centinaia di postazioni militari turche installate nella regione nordirachena nel corso delle sue operazioni militari anti-curde. Ora Bashiqa ospita più di 500 soldati schierati per combattere il Pkk. La base era stata anche oggetto di numerosi attacchi da parte di milizie filoiraniane. Non a caso ai colloqui di Ankara era presente anche Falih al-Fayadh, il presidente delle Forze di mobilitazione popolare (Fmp) irachene, milizie sciite in gran parte sotto l’influenza iraniana con stretti legami con gli Houthi dello Yemen. L’accordo prevede che la base di Bashiqa passi sotto il controllo di Baghdad e che sia trasformata in un campo di addestramento congiunto turco-iracheno per la lotta ai curdi del Pkk.
Il memorandum d’intesa segna un progresso nelle relazioni tra Ankara e Baghdad, dopo il profondo cambiamento di rotta avvenuto ad aprile in seguito alla prima visita del presidente turco Erdoğan in Iraq dopo oltre un decennio. In un momento in cui è necessario rafforzare la stabilità sia a livello nazionale che regionale, in un contesto di incertezza derivante da un possibile ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq e dalla guerra tra Hamas e Israele, le due capitali hanno optato per un’intesa strategica per risolvere i loro storici disaccordi. Baghdad per decenni si era rifiutata di assumere una posizione ufficiale nei confronti del Pkk, rifugiatosi dagli anni ’90 tra le montagne del nord del paese; all’inizio di quest’anno si era apertamente opposta alle operazioni anti-curde transfrontaliere che la Turchia conduce dal 2019 e ha deciso di mettere al bando il gruppo armato curdo dopo aver di recente sciolto tre partiti politici accusati di avere legami con il Pkk. Tuttavia Baghdad non ha ancora designato il partito armato come organizzazione terroristica come richiesto da Ankara.
Perché Baghdad, proprio ora, si è convinta dell’utilità di mettere al bando i curdi del Pkk? Perché ora Ankara e Baghdad stanno cooperando per la messa in opera di un progetto stradale e ferroviario di 1.200 chilometri che dovrà collegare il Golfo Persico alla Turchia attraverso l’Iraq e – per rendere sicura questa strategica rotta commerciale – ritengono necessario eliminare il Pkk e le sue basi da quella regione. La presenza del Pkk a Metina e a Gara potrebbe minacciare seriamente la realizzazione di quel “corridoio centrale” – di trasporto commerciale ed energetico, che si estende dall’Asia all’Europa, lungo il quale le merci dal porto di Al-Faw, nel governatorato iracheno di Bassora, giungono verso i mercati internazionali attraverso Iraq e Turchia.
Un progetto ambizioso, con investimento per circa 20 miliardi di dollari, e rendimenti annuali previsti di almeno 4 miliardi, e la creazione di posti di lavoro, includendo la creazione di hub logistici, complessi industriali e la costruzione di nuovi oleodotti e gasdotti. Il presidente Erdogan è tra i principali sostenitori di tale progetto, che aggirerebbe l’Iran e che può finalmente contrapporre all’iniziativa rivale del corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), sostenuto da Israele e dagli Emirati Arabi Uniti.
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