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Medio Oriente - L’assordante silenzio di Teheran

Roberto Roggero* - Secondo quanto scrive l’autorevole Washington Post, la Repubblica Islamica dell’Iran avrebbe optato per l’intelligente scelta di evitare un conflitto aperto, di fronte alle continue provocazioni di Israele, specialmente dopo l’uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuta a Teheran.

Le autorità iraniane sanno fin troppo bene che un conflitto aperto con Israele trascinerebbe inevitabilmente in campo gli Stati Uniti, fino a una vera e propria terza guerra mondiale. Il problema però rimane, in quanto – sempre secondo il Washington Post – la rinuncia iraniana potrebbe essere una precisa tattica per agire segretamente, tramite i diversi collegamenti regionali, primo fra tutti Hezbollah. Per questo la mancata risposta iraniana viene definita “assordante silenzio”, calcolata confusione in bilico fra il pericolo di una guerra aperta, ovvero una catastrofe, e la pace a condizione del cessate-il-fuoco a Gaza, i cui negoziati però sono sempre più altalenanti ad ogni consultazione, dove si fa un passo avanti e due indietro. Di fatto è comunque da interpretare positivamente la loro continuazione, che riduce, ma non esclude del tutto, una futura escalation.

Le informazioni giunte da fonti israeliane e statunitensi sono da interpretare con particolare attenzione al “dietro le quinte della scena”: il preoccupante silenzio di Hamas di fronte alla proposta-ponte di Washington, sebbene il successore di Haniyeh e leader del movimento, Yahya Sinwar, abbia ricevuto la proposta e abbia dichiarato di volerla esaminare nei particolari. Secondo i funzionari americani, Yahya Sinwar sarebbe favorevole all'accordo, non per volontà politica ma perché Hamas sarebbe allo stremo. Una informazione difficilmente credibile. Altre versioni dicono che Hamas rimane in silenzio perché spera in una risposta diretta di Teheran o di Hezbollah dal Libano.

Secondo i funzionari americani, la leadership iraniana avrebbe deciso un atteggiamento attendista, soprattutto per quanto riguarda la risposta all’uccisione di Haniyeh, perché starebbe pianificando prima la risposta all’uccisione di Fuad Shukr, uno dei comandanti di Hezbollah, avvenuta a Beirut. Secondo Washington, segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, potrebbe aver fatto un passo indietro rispetto al piano di lanciare una raffica di razzi contro Tel Aviv. Versione altrettanto difficile da credere, visto che più volte lo stesso leader di Hezbollah ha annunciato vendetta, e in fatto di obiettivi non ha che da scegliere, soprattutto considerando l’arsenale a disposizione del gruppo sciita libanese.

La principale considerazione da tenere presente, tuttavia, è che l’ostacolo primario per evitare una guerra aperta non è Hamas, non è l’Iran del presidente progressista Masoud Pezeshkian, non sono gli Stati Uniti, ma solo e unicamente Benjamin Netanyahu, il quale vuole la propria vittoria per non essere costretto alla morte politica.

(*Direttore responsabile Assadakah Nwes)

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