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Iran - Negoziati e Apertura di Khamenei sugli Investimenti Americani e la Coerenza del Programma Nucleare

Aggiornamento: 4 minuti fa



Maddalena Celano (Assadakah News) - Le dichiarazioni recenti del presidente iraniano Masoud Pezeshkian offrono uno spunto interessante sulle politiche di apertura economica dell'Iran e sulla sua ferma posizione sul programma nucleare, sottolineando la volontà di Teheran di mantenere relazioni bilaterali con l'Occidente, senza compromettere i propri principi di indipendenza e sovranità.

Contrariamente alle visioni distorte e spesso fuorvianti che vengono diffuse da una parte della stampa internazionale, Pezeshkian ha affermato con chiarezza che la Guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, non si oppone agli investimenti provenienti dagli Stati Uniti. Un messaggio che, seppur sorprendente per alcuni, rispecchia una posizione di pragmatismo politico che il governo iraniano sta cercando di portare avanti in un contesto internazionale sempre più complesso. Secondo Pezeshkian, Khamenei è ben consapevole della necessità di rilanciare l'economia iraniana, e non vede gli investimenti americani come un pericolo, ma piuttosto come una potenziale opportunità per sviluppare il paese, sempre che questi rispettino i principi di sovranità nazionale.

La dichiarazione di apertura verso gli investimenti esteri, sebbene avvenuta in un contesto di sospetti e tensioni geopolitiche, rispecchia la lunga tradizione dell'Iran di cooperare con il mondo intero, pur mantenendo ferma la sua autonomia decisionale. In effetti, la posizione dell'Iran su questo tema dimostra una maturità diplomatica che raramente emerge nei discorsi sulle politiche estere del paese, che troppo spesso sono etichettate come irremovibili e chiuse.

Pezeshkian ha anche voluto ribadire, in un momento particolarmente cruciale per i negoziati sul programma nucleare, che l'Iran non ha intenzione di sviluppare armi nucleari. Un'affermazione che trova piena consonanza con la posizione pubblica dell'Ayatollah Khamenei, che da anni ha dichiarato ufficialmente che l'Iran non sta cercando di costruire bombe nucleari. Questa posizione, ben lontana dalle accuse infondate che circolano nei media internazionali, rappresenta una testimonianza di coerenza da parte di Teheran, che sostiene con fermezza la propria non proliferazione nucleare. La dichiarazione di Pezeshkian sottolinea, ancora una volta, che la scienza nucleare in Iran ha esclusivamente scopi pacifici, come lo sviluppo dell'energia e delle tecnologie industriali, senza alcuna intenzione di minacciare la sicurezza globale.

I colloqui in corso a Muscat, capitale del Sultanato dell’Oman, rappresentano un punto di svolta potenziale per il dossier nucleare iraniano. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha sottolineato la volontà di Teheran di raggiungere un accordo equo e onorevole, evitando concessioni unilaterali. La posizione iraniana è chiara: nessuna resa, ma apertura a una trattativa alla pari. Tuttavia, questo approccio si scontra con le aspettative degli Stati Uniti e, in parallelo, con le pressioni israeliane.


Diplomazia e propaganda: le due facce del confronto


Mentre la diplomazia lavora nell’ombra, la propaganda gioca un ruolo altrettanto centrale. Gli Stati Uniti, infatti, fanno circolare notizie relative a instabilità interna in Iran, presunte divisioni nel Corpo della Guardia della Rivoluzione Islamica e un possibile logoramento dell’autorità dell’Ayatollah Khamenei. Quest’ultimo, nonostante l’età avanzata, conserva ancora ampio sostegno popolare, soprattutto tra i settori più religiosi e nazionalisti.

Le fughe di notizie su tensioni interne e possibili aperture a trattative dirette non sono casuali: Washington starebbe testando la tenuta dell’élite iraniana e cercando di stimolare una spaccatura utile a forzare un cambio di linea, in particolare nella politica verso gli Stati Uniti e Israele.


Il dilemma del negoziato diretto


Il punto più controverso è quello delle trattative dirette con Washington. Khamenei si è sempre opposto fermamente a tale opzione, ritenendola un cedimento ideologico. Tuttavia, all’interno dell’apparato statale, alcuni alti ufficiali e settori del clero moderato sembrano spingere per una linea più flessibile, considerata la crisi economica e l’isolamento internazionale in cui versa il Paese.

Nonostante l’opposizione ufficiale, Teheran ha comunque accettato una trattativa mediata da Oman, mantenendo la possibilità aperta a un secondo tempo negoziale, più diretto, ma solo se i colloqui preliminari daranno segnali concreti di progresso.


Israele e la variabile incontrollabile


Israele rappresenta un elemento di disturbo importante nei colloqui. Il premier Benjamin Netanyahu è categorico: ogni accordo con Teheran sarebbe inutile, poiché – a suo dire – l’Iran mira comunque a ottenere l’arma nucleare. La sua posizione è netta: “Con gli iraniani ci vuole il bastone, non la carota”. Questo approccio inflessibile mira a dissuadere gli Stati Uniti da qualsiasi apertura, e a legittimare eventuali azioni preventive contro gli impianti nucleari iraniani (come quelli di Fordow e Natanz).


Un Medio Oriente sull’orlo di un’escalation militare


Sul piano militare, la situazione nella regione è già tesissima:


  • Yemen: Gli USA e i loro alleati stanno intensificando gli attacchi contro le postazioni Houthi. L’Arabia Saudita e gli Emirati sembrano pronti a lanciare una grande offensiva per riprendere Hudeidah e forse la capitale Sanaa.

  • Mar Rosso: Le operazioni statunitensi contro droni e infrastrutture Houthi hanno raggiunto livelli record, con un +612% di attacchi solo a marzo. Questo è un chiaro segnale dell’uso crescente della guerra asimmetrica da parte degli Houthi, sostenuti dall’Iran.

  • Libano, Siria, Gaza, Golfo di Aden: tutte queste aree rischiano un’escalation collegata alla pressione su Teheran. Se i colloqui fallissero, si aprirebbe la porta a nuove crisi multiple.


Conclusioni: tra possibilità e pericoli


I colloqui di Muscat sono un fragile tentativo di riavviare un processo negoziale congelato dal 2018, quando Trump uscì unilateralmente dall'accordo nucleare (JCPOA). Il ritorno a un nuovo accordo è complesso per vari motivi:

  • L’Iran è oggi più avanzato tecnologicamente nel programma nucleare.

  • La sfiducia reciproca è al massimo storico.

  • La pressione israeliana e le tensioni regionali limitano i margini di manovra.


Eppure, l’apertura di Araghchi a un accordo “onorabile” e il coinvolgimento attivo dell’Oman, storico mediatore nella regione, mostrano che la diplomazia non è morta. Tuttavia, ogni passo falso – o la percezione di debolezza – potrebbe innescare una spirale di eventi con conseguenze devastanti per l’intera regione.




L' Iran ha diritto a preservare la propria sovranità


In un contesto internazionale in cui l'Iran è stato spesso etichettato come una minaccia nucleare, la ribadita volontà del paese di non dotarsi di armi nucleari è un messaggio di trasparenza e apertura, che dovrebbe essere accolto con maggiore attenzione da parte della comunità internazionale. Non solo l'Iran ha permesso numerosi controlli da parte dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA), ma ha sempre sostenuto il diritto dei popoli a dotarsi di tecnologie nucleari per scopi pacifici, una posizione che trova il suo fondamento nel diritto internazionale.

La dichiarazione di Pezeshkian arriva a pochi giorni dai colloqui indiretti tra Iran e Stati Uniti in Oman, una scelta che rispecchia l'approccio realistico del governo iraniano. Nonostante la storica diffidenza verso Washington, l'Iran ha dimostrato di essere disposto a esplorare nuove opportunità diplomatiche, pur mantenendo ferme le sue linee rosse in tema di sicurezza e sovranità. La volontà di trattare in modo indiretto con gli Stati Uniti è una scelta ponderata, che riflette la necessità di garantire la protezione degli interessi iraniani, senza esporsi a possibili manipolazioni politiche da parte di una potenza che ha spesso cercato di interferire nei suoi affari interni.

In questo scenario, l'Iran si presenta come un paese che ha scelto la via della diplomazia, senza però cedere alla pressione esterna. L'apertura agli investimenti, pur mantenendo la linea dura sul nucleare e sulla sovranità, testimonia la maturità di una nazione che non vuole rinunciare alla propria autonomia, ma che al contempo è pronta a dialogare con il resto del mondo su basi di reciproco rispetto.

In definitiva, la posizione dell'Iran sulle questioni nucleari e sugli investimenti americani è un chiaro messaggio di indipendenza, ma anche di apertura. Un paese che non rinuncia alla sua sovranità, ma che riconosce la necessità di interagire con il mondo in un modo che rispetti i suoi principi fondamentali. La comunità internazionale farebbe bene a prendere atto di questa posizione, cercando di costruire un dialogo costruttivo, che possa portare a una cooperazione più equa e rispettosa delle esigenze di tutte le parti coinvolte.





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