Lorenzo Utile - Nonostante le accuse dirette al governo sionista di Israele, la Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran, Ayatollah Ali Khamenei, non è certo uno sprovveduto e sa bene che, se dovesse essere provata la regia israeliana degli attentati di Kerman, una escalation militare e conseguente coinvolgimento diretto contro Israele comporterebbe l’automatica entrata in campo degli Stati Uniti.
Una provocazione fin troppo evidente che lo stesso Khamenei vuole naturalmente evitare, come ha scritto ieri il New York Times. Khamenei avrebbe quindi disposto che i comandanti delle forze armate iraniane si sottomettano alla “pazienza strategica”, evitando di rispondere a ogni provocazione che farebbe precipitare la situazione, e riducendo al minimo la risposta a qualsiasi presunta operazione israeliana all’interno della Repubblica Islamica.
Secondo le ultime informazioni, l’intelligence iraniana non avrebbe ancora prove certe del coinvolgimento israeliano negli attentati di Kerman, ma è normale che in cima alla lista dei sospetti mandanti vi sia il regime di Tel Aviv. Al momento si parla di “atto terroristico” in senso generico, ma il ministro dell’Interno Ahmad Vahidi è stato chiaro: “Chi ha commesso questi crimini deve aspettarsi una risposta forte e decisa da parte delle forze di sicurezza iraniane”.
"I responsabili avranno una dura risposta"
Anche la Guida Suprema iraniana, Ali Khamenei, ha dichiarato che gli attentatori affronteranno una dura risposta, ma non ha indicato alcun obiettivo, perché nessuno ha rivendicato la responsabilità delle esplosioni, e i possibili responsabili sono più di uno, fra gruppi sunniti, Isis, formazioni dell’opposizione armata.
Di certo, l’attentato di Kerman fa salire ancora la tensione in una Regione dove la situazione è già incandescente per il conflitto della Striscia di Gaza e Cisgiordania, ma le indagini sono in corso, anche se è possibile che le autorità di Tehran preferiscano mantenersi sul generico, in modo da valutare con la dovuta attenzione le mosse da compiere. E’ altrettanto certo che gli iraniani considerino questo attacco una provocazione di Israele, ma anche che Washington non vuole un allargamento del conflitto di Gaza, anche se a questo punto potrebbe essere troppo tardi.
Quale risposta da Hezbollah?
Non a caso, il presidente Biden è atteso in Medio Oriente per valutare il da farsi, anche alla luce della reazione di Hezbollah e i timori per nuovi conflitti, in seguito all’uccisione del numero due di Hamas, Saleh Al-Arouri, il più alto leader del gruppo ucciso dallo scoppio della guerra, avvenuta a Beirut e rivendicata da Israele, morto con altri sei importanti personalità di Hamas, tra cui due comandanti militari. Una palese violazione del diritto internazionale e della sovranità della Repubblica del Libano, come già avvenuto con il drone americano che ha ucciso il generale Soleimani a Baghdad.
Per altro, il capo del Mossad, David Barnea, ha pubblicamente dichiarato che darà la caccia a tutti i membri di Hamas coinvolti nell’attacco del 7 ottobre, indipendentemente da dove si trovino, e di liberare i 129 ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
Intanto, dall’ONU giunge l’allarme per il fatto che 1/4 della popolazione di Gaza rischia di morire di fame, poiché le restrizioni israeliane e i combattimenti ostacolano la consegna degli aiuti, inoltre c’è da affrontare la questione dello sfollamento di massa, triste ricordo della Nakba del 1948.
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