Roberto Roggero - Lo scenario mediorientale si impone all’attenzione internazionale in un nuovo scacchiere geopolitico, per altro in continuo mutamento. Israele sta cercando di recuperare prestigio dopo l’ormai evidentemente fallito obiettivo di annientare Hamas, cercando di profetizzare la potenza dello scudo Iron Dome, con i jet di USA, Gran Bretagna e Francia, ma grande contributo al frenare l’inizio di una guerra aperta è stato dato anche da altri Paesi arabi, primo fra tutti la Giordania, che sono intervenuti nonostante la questione palestinese e la tragedia dei civili di Gaza.
Washington comunque manifesta stanchezza nel continuare a tirare i freni di Netanyahu nella ostinazione contro la Striscia di Gaza, che per altro ha causato anche l’apertura di un fronte pericoloso come quello fra Bab-el-Mandeb, Stretto di Hormuz e Golfo. Il commercio globale ne sta già pagando le conseguenze, perché le navi di diverse compagnie hanno scelto di circumnavigare l'Africa per giungere in Europa, se no di cancellare molte rotte.
Lo scacchiere regionale si presenta quindi con il regno hashemita di Giordania (a maggioranza sunnita) per altro nelle mire di annessione del folle progetto del Grande Israele. Giordani e israeliani non si sono simpatici, ma collaborano in materia di sicurezza, specie alle frontiere orientali. Inoltre la Giordania è uno dei più importanti alleati degli Stati Uniti nell'area, con basi militari oltre a quelle francesi.
Anche l'Arabia Saudita è direttamente coinvolta, con i caccia di ultima generazione F35 nei cieli di Siria e Iraq. Il ruolo geopolitico saudita è centrale per Tel Aviv, come gli Emirati Arabi Uniti, che dal canto loro hanno invece negato ogni partecipazione diretta alle intercettazioni di droni e missili.
Sul Golfo si trova anche il Qatar, che ospita negoziati fra Hamas e Israele. L'Egitto vuole comunque contenere Hamas e le formazioni fondamentaliste sul confine sud. La Siria non si è ancora ripresa dalla guerra, e per Israele non vale uno schieramento di truppe al confine, almeno per il momento.
Fra i manifestamente opposti a Israele, ovviamente in prima linea la Repubblica Islamica dell’Iran, vitale per mantenere il precario equilibrio mediorientale. Senza l'Iran, Israele perderebbe infatti la sua missione principale, senza poi dimenticare Hezbollah e gli arsenali che controlla, con un l’esercito potente e addestrato. E poi Hamas e il movimento Hansarhullah dello Yemen (gli Houthi. Non bisogna dimenticare poi l’Autorità Nazionale Palestinese (Fatah), comunque in difficoltà a causa della crisi. Nella sfera d'influenza dell'Iran vanno inseriti anche larghe porzioni di Siria e Iraq, al netto dei separatismi interni (curdi, arabi, azeri, baluci). Oltre al Qatar, sul Golfo si affacciano poi Kuwait e Sultanato dell’Oman.
Iran, Russia e Cina si inseriscono nel gioco delle parti, con il crescente mercato asiatico che ha spinto la nascita di alleanze regionali per dominare i corridoi commerciali emergenti, attraverso una sorta di contro-globalizzazione. Teheran è comunque il crocevia che raccoglie le linee da e per l'Asia Centrale, la Cina, e le smistano a nord verso la Russia e la Turchia, e poi i Balcani e l'Europa. Dall'Iran si diramano i fili verso la Cina attraverso Almaty (Kazakistan), Tashkent (Uzbekistan), Ashgabat (Turkmenistan), e poi verso Baku (Azerbaigian), Astrakhan e poi Mosca (Russia), Bassora (Iraq), Ankara e Istanbul (Turchia). Uno di questi grandi centri, Ashgabat, rappresenta un grande accordo che coinvolge i Paesi asiatici centrali, assieme a Pakistan e India e ovviamente Iran. Si tratta di un progetto di trasporto multimodale per il mercato del gas e degli idrocarburi dell'intera Eurasia.
Israele ha subìto una sconfitta tattica e continua a condurre una campagna militare fallimentare contro Hamas, oltre ad aver perso la guerra mediatica per la tragedia dei civili di Gaza. In ogni caso, se Israele vuole raggiungere i suoi obiettivi, non può permettersi un allargamento del conflitto con l'Iran.
Sul piano tattico l'Iran sta vincendo il confronto con Israele e non ha intenzione ad allargare il conflitto, e preferisce lasciare Israele alle difficoltà che incontra nella guerra di Gaza, approfittando di Hezbollah. Fra mille timori, una cosa però è certa: l'attacco iraniano ha reso più chiaro e manifesto il gioco di alleanze e interessi fra i vari attori del Medio Oriente.
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