Mohammad Mehdi Esmaili Imanipour nell'incontro col Santo Padre
Patrizia Boi (Assadakah News) - Il Dr. Mohammad Mehdi Esmaili Imanipour, nato a Teheran nel 1945, è il Presidente dell'Organizzazione per la Cultura e la Comunicazione Islamica, nominato nel 2022 con decreto di Hojat al-Islam e approvazione dell’Ayatollah Khamenei. Figura di spicco nel panorama culturale e religioso iraniano, è docente, ricercatore e autore, con un focus su legge e teologia islamica. La sua carriera include incarichi di rilievo nel rafforzamento delle relazioni culturali internazionali e nella promozione della cultura islamica a livello globale. Tra le sue iniziative, Imanipour ha lavorato per ampliare il dialogo interreligioso, come dimostrato nel suo recente intervento durante il simposio sul dialogo cristiano-musulmano con Papa Francesco, dove si è discusso del ruolo della famiglia nell’educazione dei giovani. Centrale nella sua visione è il legame tra tradizione e modernità, con particolare attenzione alla valorizzazione della cultura persiana e alla cooperazione internazionale su temi educativi e culturali. Lo ha intervistato una delegazione di Assadakah.
XII Colloquio del Dicastero per il Dialogo Interreligioso
Qual è stato il significato del recente simposio sul dialogo interreligioso con Papa Francesco per l'Organizzazione della Cultura e della Comunicazione Islamica che Lei presiede?
«Grazie mille per l'intervista che mi avete concesso.
L'organizzazione che presiedo è responsabile del dialogo culturale con tutti i Paesi del mondo. Una delle sue funzioni precipue è quella di occuparsi del dialogo interreligioso. Cerchiamo di stabilire un dialogo con tutti i possibili interlocutori mondiali sulle varie tematiche di attualità.
Ieri da Papa Francesco, in occasione del XII Colloquio del Dicastero per il Dialogo Interreligioso con il “Centro per il Dialogo interreligioso e interculturale” di Teheran, il tema dell’incontro riguardava i giovani e il ruolo delle famiglie nell'educazione dei figli.
Come sapete, la questione della famiglia è un problema fondamentale del mondo contemporaneo, perché il ruolo delle famiglie subisce una minaccia nella nostra società globalizzata. Tutti i credenti sono preoccupati per l’incertezza che investe la struttura familiare nelle nuove generazioni. Secondo la mia interpretazione questa è una vera guerra mondiale che si combatte contro le famiglie.
Il Santo Padre ha accolto questo tema molto favorevolmente. Abbiamo avuto un ottimo confronto e a breve sarà disponibile la relazione di questo simposio. In questa sessione abbiamo proposto di fare coalizione per difendere i diritti delle famiglie e delle società attuali. Crediamo che, se la famiglia tradizionale viene protetta, l’educazione dei figli avrà grande successo».
Qual è il ruolo della cultura persiana nel dialogo interculturale internazionale? Vista la partecipazione dell’Iran al Summit dei Paesi BRICS a Kazan, come l’Iran può contribuire a costruire ponti tra Oriente e Occidente?
«Come sapete i poteri tradizionali stanno cercando di dettare le loro opinioni a tutti i Paesi del mondo. E noi in questo momento abbiamo bisogno di nuove idee, di nuovi paesi che possano diventare più forti nel mondo. In realtà il sistema oggi ha dimostrato che non funziona bene: come abbiamo visto, nell’epidemia contro il Covid non ha funzionato, così come vediamo quanto sia disfunzionale rispetto a quello che sta avvenendo in Palestina.
Queste storture del sistema hanno condotto alcuni Paesi ad allinearsi per poter creare un’alternativa valida all’attuale ordine esistente nel mondo. Abbiamo la sensazione che il mondo si trovi all’interno di una svolta storica. Si sta formando un nuovo ordine mondiale, un nuovo sistema. E anche l’Iran come paese vuole essere partecipe nella formazione di questo nuovo sistema. I BRICS forniscono un’ottima occasione per formare questo nuovo sistema.
C’è una armonia, una sinergia, tra i Paesi dei BRICS attualmente, ci sono anche delle leggere divergenze tra di loro, ma i punti di comune sono molti di più rispetto a quelli che di disaccordo. Credo che i BRICS abbiano un futuro chiaro».
Il Dr. Imanipour con una delegazione di Assadakah e con il Responsabile Culturale dell'Ambasciata Seyed Majid Emami
Qualche giorno fa ho partecipato ad un evento con l'Ambasciatore della Federazione Russa Paramonov qui a Roma, la Russia, quest’anno guida i BRICS. Che importanza ha l'estensione avvenuta a Kazan dei BRICS - anche solo come paesi partner – di ben 13 Nuovi Paesi, tra cui Cuba e Bolivia, che coinvolge sempre più Paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina?
«Come ha indicato, ci sono molti paesi che vogliono aderire al Club dei BRICS, ma sappiamo che i BRICS hanno delle limitazioni per concedere l’entrata a questi nuovi Paesi. Naturalmente, se si aggiungono altri Paesi senza un preciso programma, c’è il rischio che questo gruppo non abbia successo. Per questo motivo, i partner attualmente presenti stanno cercando di creare le condizioni strutturali ed economiche affinché l’ampliando internazionale sia reso possibile, in modo che si possa allargare il territorio dei BRICS».
Un altro ruolo importante lo offrono la Cultura, il Cinema, i Festival: la partecipazione di tutti i Paesi BRICS a questi eventi condivisi, quale possibilità di dialogo offre, per ora, nei paesi BRICS, ma poi anche nel mondo? E magari anche nel mondo arabo?
«Soltanto per dialogare non funziona. I Paesi dei BRICS devono individuare le problematiche da affrontare nel seno del loro gruppo e, costruire il dialogo su queste problematiche, può portare beneficio in ognuno di questi Paesi.
Una delle preoccupazioni dei Paesi BRICS è il nuovo stile di vita, quello americano, che si sta diffondendo nel mondo. Attraverso il cinema di Hollywood si sta portando instabilità in tutti i Paesi.
Quest’anno la Presidenza dei BRICS è della Russia, questo tema culturale è al centro dell’attenzione e stanno organizzando vari eventi per i Paesi membri, la Cultura può combattere questa mollezza che sta pervadendo le nostre società.
Per avere un dialogo sostenibile la base deve essere culturale. Lo scambio culturale in una visione multipolare e più etica è fondamentale. Le relazioni politiche sono costituite da alti e bassi, un giorno sono possibili, un altro giorno sono compromesse, le relazioni culturali hanno un fondamento molto forte, davvero capace di facilitare il dialogo, consentendo l’apertura del dialogo».
L’attacco allo stile di vita, alla famiglia, alle nuove generazioni è una parte pervasiva della guerra imperialistica al mondo, ma in Medio Oriente abbiamo un problema concreto, in Palestina, in Libano, in Siria, in Libia, ecc., come sta interagendo l’Iran in questa situazione intricata del mondo arabo? Che apporto fornisce?
«La guerra in corso è a Gaza, quella in Libano è determinata dalla situazione di conflitto in Palestina. Si sta attuando con eccessiva durezza, con l’oppressione di innocenti, col l’uccisione di bambini, con bombardamenti incessanti. E c’è una parte importante dei media che parla degli accadimenti in modo soft, senza mostrare al mondo intero la barbarie che sta attuando Israele in quella regione. Fortunatamente ci sono dei mass-media come voi che mostrano la vera realtà dei fatti. Però il potere assoluto appartiene ai media mainstream che possono influenzare in modo pervasivo l’opinione pubblica mondiale.
Eppure, possiamo anche osservare nella società, ciò che fanno gli studenti, anche negli Stati Uniti, contro le politiche, contro l'azione barbarica della legione sionista a Gaza e in Libano. Addirittura, ci sono denunce e proteste anche da parte degli stessi ebrei non sionisti, perché parlare di ebrei e di sionisti non è la stessa identica cosa, non si possono attribuire agli ebrei, a tutti gli ebrei, le azioni che compiono i sionisti.
In ogni caso, queste proteste dimostrano che i potenti mass-media imperialisti non hanno vinto in tutto per tutto. Le relazioni di dialogo con i Paesi amici mettono in evidenza queste azioni barbariche e chiariscono cosa compie il regime sionista nei confronti del popolo Palestinese oppresso.
Questa guerra ha avuto effetti catastrofici per la popolazione, soprattutto per i giovani. Siamo sempre stati la voce del popolo oppresso di Gaza. In tutte le occasioni in cui ci è capitato, noi abbiamo parlato di queste azioni barbariche contro questa popolazione».
A questo punto è intervenuto un altro giornalista della Delegazione di Assadakah, Muhammad Youssef Ismail Alì che ha chiesto:
«Come possiamo incidere nel dialogo interreligioso che avete instaurato con il Papa, anche nel Mondo arabo? Lo facciamo separatamente con l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e l'Egitto? Come possiamo effettuare un dialogo unitario? Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar sono Paesi molto vicino all'Iran, come è possibile un dialogo interreligioso che coinvolga tutti?».
«Quando parliamo del dialogo interreligioso parliamo di Islam, di Cristianesimo, di Ebraismo, ma quando parliamo di dialogo tra Paesi Musulmani, parliamo di una vicinanza delle religioni, non di dialogo interreligioso, parliamo di formazione dell’uomo islamico, della gente islamica sull’Islam.
Dal 1979, subito dopo la Rivoluzione Islamica, abbiamo iniziato un dialogo tra Paesi Musulmani e ogni anno si svolge un’edizione per avvicinare le religioni islamiche tra di loro, però non posso negare che i fatti politici influenzano le relazioni religiose con i Paesi Musulmani.
Mi riferisco ai fatti accaduti in Siria, per esempio: il fatto di sostenere la Siria da parte dell’Iran, ha comportato una presa di posizione dei paesi arabi contro l'Iran. L'Iran cercava di sradicare i gruppi estremisti islamici in Siria e c’è riuscito. Tutti i paesi musulmani pensavano che l'Iran stesse diffondendo il pensiero occidentale nella regione, anche se non era vero.
La verità è che noi cercavamo di sostenere la resistenza contro gli oppressori e sradicare i fondamentalisti. Gli americani hanno confessato di essere stati essi stessi i creatori dell’ISIS, un gruppo che finiva per minacciare proprio i Paesi islamici.
È importante la difesa anche delle minoranze cristiane in Siria e in Iraq. Noi stiamo lavorando per preservare l'Islam e in effetti la nostra è stata un'attività islamica che ci ha aiutato a salvare i cristiani in queste due regioni. Le attività islamiche di tutela delle minoranze religiose in quella regione fanno capo proprio al dialogo interreligioso con altre religioni. I cristiani hanno ringraziato l'Iran per aver tutelato i diritti dei cristiani in Siria e in Iraq. Molti ebrei ci chiedono di fermare i massacri sionisti a Gaza, perché anche qui bisogna distinguere tra l’Ebraismo e il pensiero fondamentalista sionista».
Youssef ha proseguito con una ulteriore domanda:
«Come valuta il movimento dei Fratelli Musulmani?».
«Per quanto riguarda i Fratelli Musulmani non è possibile generalizzare perché ci sono punti di vista diversi al loro interno. È un affare all'interno del Paese, sul quale è meglio non intervenire esprimendo un giudizio».
La nostra intervista al Dr. Imanipour
Da poco è stata pubblicata una autobiografia della vostra Guida Spirituale Sayyed Alì Khamenei Cella n. 14 – I Semi della rivoluzione, un libro che svela molti dettagli storici sulla Rivoluzione Islamica e sui legami del Regime di Mohammad Reza Pahlavi con gli Stati Uniti, la CIA, Israele, cosa emerge da questo libro?
«In quest’opera si parla del periodo di prigionia che la nostra Guida Spirituale ha vissuto nelle prigioni di Pahlavi. Al di là di ogni aspetto storico e politico mi preme mettere in evidenza gli aspetti spirituali che permeano l’esistenza e il pensiero di Khamenei, la sua passione per la lettura di romanzi, per la poesia, aspetti che non vengono mai messi in rilievo...».
Ci vuole portare il messaggio del vostro Presidente diretto al Papa?
«Il nostro Presidente ha ringraziato il Papa per la posizione presa in difesa del popolo palestinese, ha chiesto di fare tutto ciò che è in potere della Santa Sede per fermare questa guerra. Ha affermato che il Governo dell’Iran è un governo di “Amicizia” che si pone l’obiettivo di stringere rapporti amichevoli con tutti i Paesi del mondo, in particolare, naturalmente, con i Paesi vicini. Ora ci mettiamo in attesa della risposta del Papa».
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